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Alice

Epifania, 2017

Un giorno singolarissimo, oggi.

Credo di aver fatto bene a non disfare l’albero di Natale e lasciarlo a fare luce, perchè i Re Magi pare abbiano trovato la strada per arrivare e lasciare i loro doni. Sono doni dalla forma singolare, in effetti. Liquida e calda come certi lacrimoni incontenibili ma preziosissimi, io credo.

Un giorno lunghissimo, oggi.

Un giorno di quelli miei, in cui faccio un sacco di cose e ne sento di più, che poi mi fanno male, male, male. Male allo stomaco, male ai polmoni, male alle dita.

La lista infinita dei miei non avrei dovuto e dei miei non so che fare mi ha divorata non appena ho smesso di fare qualcosa. Un attimo di panico. Una decisione istantanea: salgo in bici.

Faceva un freddo boia fuori, nonostante il sole, e non è che Segrate-San Donato sia la più suggestiva delle strade da percorrere, però lì c’era una famiglia a non aspettarmi (sorpresa), il freddo aiuta a pensare, pedalare tira fuori un po’ di endorfine.

Beh, in cima al ponte sulla Rivoltana la catena della bici è uscita dalla sua ghiera. In condizioni recenti mi sarei arresa e sarei tornata a casa, a piedi, con la coda tra le gambe, il corpo congelato e la frustrazione a diecimila giri.

Poi mi sono ricordata di me.

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meno due

Gli ultimi sedici minuti del mio trentottesimo anno di vita me li passo con Gino Paoli, un bicchiere di Molinari, il gatto sul divano e una lacrima commossa che mi scende dal viso.

Ho smesso di lavorare, serrato le imposte di Ground Zero, aperto tutte le finestre, preparato un abito adeguato al tono della giornata di domani.

Soprattutto, ho chiuso le porte da chiudere e siedo curiosa davanti a quelle che si stanno spalancando.

Siedo, penso, congetturo, immagino e accenno un mezzo sorriso.

So cosa fare, so dove andare, so cosa voglio. Porto solo il necessario: la band e il caffè.

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tre anni e quattro canzoni in un nanosecondo

‘Baciami ancora’ esplode leggera e intensa, stasera, nella terrazza di Ground Zero immersa in un pallido raggio di sole.

E solo di questo, adesso, ho bisogno.

Di ascoltare la guerriera stanca coi piedi nudi sul pavimento freddo che prende il vento in faccia e respira a fondo. Di osservare la gatta abbracciata alla sua coda che finge di dormicchiare mentre tiene d’occhio le farfalle posate sulla parete verde acido. Di studiare lo sguardo concentrato dell’Ultima Tentazione di Cristo, seduta con quelle benedette caviglie sottili appoggiate al tavolo di legno, che sorseggia un flûte di bolle dorate e sta certamente meditando qualcosa.

Di chiamarmi ancora Alice, quella con lo spolverino rosso, gli occhiali bianchi e le scarpe strane, il sorriso brillante, l’espressione svelta, le dita lunghe, le labbra morbide.

Di ricordare quanto sono belle e quanto fanno male, le maledette farfalle.

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dinanzi al sole che viene, un altro solstizio d’inverno

Ho fatto un’altra valigia, ho puntato un’altra sveglia. E tra sette ore risalgo in macchina, ancora, di nuovo, lontana.

Però,

mi sono anche ballata tutto il pavimento del salotto come quando avevo quattordici anni, e poi venti, e poi trentadue.

E mi preparo al solstizio d’inverno col cuore madido di sudore, fatica ed emozione bruciante.

Ed una playlist.

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d’autunno

ermetica, la poesia, consente di celare nei versi ciò che le fitte righe della prosa svelano. disasconde, non palesa. amaro, sigaretta, lovesong. annego nel bicchiere,… Leggi tutto »d’autunno

tredicimilacinquecentotredici giorni

Stasera, una bella sera tra amici, un amico ha fatto una cosa speciale: ho ordinato un Amaro del Capo, me ne ha portati due.

*Uno per te, uno per Luca*.

Legati per il manico da un cucchiaino, immagine metaforica delle torri Petronas.

La mia famiglia, i miei amici cari, un compleanno che viene tra poco, un bimbo che mi si arrampica addosso, la luna gialla nel cielo nero della notte e grigio delle nuvole. Fresu che suona ‘Sì dolce è il tormento’.

Ho visto un film a tutta velocità. Intuito il verso della felicità, quello che ho misconosciuto per anni.

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Solstizio d’inverno

***Ti porto via con me***

Del duemilatredici voglio portar con me, più di tutto, la speranza: quella C che mi son tenuta addosso tutto l’anno, oltre a quella della doppia consonante con cui inizia il mio nome, e che me l’ha fatto chiamare, ogni giorno, duemilaCredici.

Porto con me un anno che inizia in mezzo all’abbraccio della mia famiglia,

            lascio qui un progetto che avevo scritto e che nessuno ha capito.

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Giochi di parole

Mal di testa, oggi. Alice ha un sacco di mal di testa.

Amante dei rompicapo, ha trovato quello più difficile di sempre: accettare di essere un perenne passatempo inconsapevole.

Un giocattolo per adulti infelici che non han più voglia di giocare.

Una presenza importante che non è una scelta.

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Grazie! :)

Rossetto, cioccolato, zenzero e cannella.

La conosco, questa storia. L’ho anche già scritta ma non avevo le parole giuste. E questa storia mi piace tanto. Tanto tanto, sì.

Succede quando ballo lo swing, quando canto Sinatra, quando cucino bene, quando mi faccio bella solo con un paio di jeans.

Succede che nel buio nero apro le mani e prendo energia dal cielo, mi metto in ascolto profondo di questo corpo sottile e pieno di sangue, sento tutte le voci che arrivano da fuori e, siccome sono cresciuta e ho imparato a fidarmi, le ascolto.

E poi di colpo, di nuovo, una mattina, mi sveglio e sorrido. Sorrido, sorrido, sorrido, sì. E quella stupida ruga in mezzo alla fronte scompare, perché anche la mia pelle è incredibilmente elastica, non solo le mie gambe.

Verduzzo Ramandolo e Aretha Franklin per raccontarvi la serenità, quest’oggi.

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