‘Baciami ancora’ esplode leggera e intensa, stasera, nella terrazza di Ground Zero immersa in un pallido raggio di sole.
E solo di questo, adesso, ho bisogno.
Di ascoltare la guerriera stanca coi piedi nudi sul pavimento freddo che prende il vento in faccia e respira a fondo. Di osservare la gatta abbracciata alla sua coda che finge di dormicchiare mentre tiene d’occhio le farfalle posate sulla parete verde acido. Di studiare lo sguardo concentrato dell’Ultima Tentazione di Cristo, seduta con quelle benedette caviglie sottili appoggiate al tavolo di legno, che sorseggia un flûte di bolle dorate e sta certamente meditando qualcosa.
Di chiamarmi ancora Alice, quella con lo spolverino rosso, gli occhiali bianchi e le scarpe strane, il sorriso brillante, l’espressione svelta, le dita lunghe, le labbra morbide.
Di ricordare quanto sono belle e quanto fanno male, le maledette farfalle.
Tre anni in un nanosecondo, vissuti tutti qui, su questo terrazzo dove siede sempre un pezzo di cuore e l’anima si ricompone e si rimette nel Chi. Tre anni in un nanosecondo e quattro canzoni, il jazz, il pop e certo rock vagamente abbozzato.
Fiori bianchi con bacche rosse, un liquore trasparente che si fa bianco dietro l’ombra del ghiaccio, ben più di una cena di pesce. Le bolle del prosecco. L’occhio teso a studiare chi arriverà, dietro al gazebo. Il concerto dei Negrita, domani. La voce di Lucio Battisti che canta ‘Con il nastro rosa’. La musica dal vivo che non si può non ballare, le conversazioni travolgenti che non finiscono mai perché consistono di diramazioni frattali. La musica che pervade, avvolge, assorbe lo spazio fisico. L’estate addosso e le spalle di Atlante da buttafuori. I capelli cortissimi, le unghie lunghe che ticchettano sulla tastiera. Il silenzio, dentro. L’inquietudine immobile appostata a guisa di un cecchino. Pagine e pagine e pagine di parole mai dette, scritte. Fughe repentine e salvifiche. Automobili, ascensori.
Una palla di magma esplosivo, un’emozione concentrata, fortissima.
Un momento che non dovrebbe finire mai, perché poi dopo è faticoso ricominciare a riflettere.
Infiniti scenari di possibilità, una vita passata ad ottimizzare sotto vincolo.
Neanche una sbarra intorno, piccole gabbie invitanti davanti da cui rifuggire istantaneamente. Che fatica, però.
Il futuro ed il passato intrecciati in una maglia fortissima, nella mischia di essenze note, domande che ritornano senza risposta, la perfezione del disequilibrio omeostatico. Il desiderio, l’astrazione, certe spinte incontenibili, i confini della realtà. E i bei peccati, che poi succede sempre.
L’immensa solitudine, serena e tonda, odi et amo allo stesso tempo.
L’interminabile intercorso tra quando il bacio non può essere e quando arriva.
Un altro venerdì sera, un altro pezzo da non scrivere, che poi scrivo.
Alice e Chiara che si guardano l’un l’altra, attraverso lo specchio, e si riconoscono sorridendosi.
L’Ultima Tentazione di Cristo che si accarezza le labbra ed alza gli occhi dietro le lenti, fulminando chi passa nel cortile e disturba il percorso illogico dei suoi pensieri ondivaghi.
La guerriera furiosa seduta a terra in posizione del loto che progetta sofisticatissime misure di sicurezza per proteggersi dal suo peggior nemico.
La gatta che muove la coda, si stiracchia lunga lunga ed emette un sibilato sbadiglio, che c’è da alzarsi e decidere se stasera esce anche lei o non.
Le voci mischiate di Ornella Vanoni e Giuliano Sangiorgi, il basso di Saturnino, la tromba di Paolo Fresu, il dirompente sound dei Negrita.
Una voluta di fumo che si libera dalle labbra arricciate.
*Ci vuol farina del proprio sacco, sensualità latina e un minimo distacco.
Mani strette in fondo ad un filo di odori che non credi aver mangiato mai.
Un bellissimo spreco di tempo, l’invenzione di un sogno, una tenda aldilà della duna.
Come una mitraglia, sputi fuoco e poesia.*
Così mi sento adesso, tra il presente e me stessa. A visualizzare scenari proibiti, camminare sul pericoloso crinale di una lastra terminale di ghiacciaio, rimanere acrobata sul filo del mio perfetto disequilibrio, avere ciò che non voglio concepire, desiderare ciò che non posso scegliere.
Ci voglion le caviglie di fuori anche se fa un po’ freddo, un abito corto ed un filo di rossetto. Le lenti a contatto a separare la vista dallo sguardo, il broncio sorridente da bambina terribile, una sigaretta scroccata con falsa malizia. E neanche un gioco di parole.
Ci vogliono il cappottino di filo spinato, un aperitivo di crudo e melone e bolle, la mia grande amica. Poi posso uscire, conservare questo attimo, evitarne le conseguenze.
One, due, tre, four e basta con gli evangelisti.
La vita è adesso ed io ho le ali.
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Rossetto e cioccolato – Devil Quartet
Baciami ancora – Lorenzo Cherubini
Il mondo è perfetto – Giuliano Sangiorgi featuring Planet Funk
La tua canzone – Negrita
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Amen