ascoltate, se vi va, la colonna sonora per questo pezzo
Uno sguardo che sa di cioccolato,
una voce che profuma di biscotti allo zenzero,
e fuori dal guscio suonano milonga, mambo e chacha.
Stasera, il futuro si presenta caldo, spiritoso, leggero.
Ho camminato in questo mese nel vento freddo, e l’aria è stata così tagliente che mi si sono screpolate le mani e le labbra. Ho urtato spigoli e mi sono spinta in vicoli ciechi.
Ho sentito la solitudine avvolgermi come il bacio del dissennatore e trascinarmi nei più profondi recessi del mio buio interiore.
Poi, nel momento più nero, nel vuoto siderale del silenzio profondo, dal nulla, una piccola luce calda.
Prima è stato un messaggio: “sorridi … è il tuo grazie all’esistenza per essere così bella”.
Poi uno sguardo, o forse una voce, un’attenzione inattesa. Non ricordo con esattezza. Dentro di me, per alcuni secondi, si è accesa una fiammella. L’ho sentita. Ho pensato: “sono ancora viva”.
Io-sono-ancora-viva.
Mi sono concentrata su questo.
Sul calore che posso ancora sentire.
Su quella luce che si è accesa, flebile flebile.
Commossa, se penso alle lampadine sull’albero di Natale che papà ed io collegavamo quand’ero piccina. Intermittenti e minime, illuminavano a festa, tutte assieme, un abete di plastica verde scuro, così da farlo sembrare vero.
Quella piccola luce non si è più spenta.
Neanche ad affrontare l’ennesima sconfitta. Brutale, atroce, inevitabile sconfitta.
Brilla ancora e io la curo, la tengo fra le mani, protetta, gelosa di lei. È mia. E brilla. Anche se non significa nulla. È un fox trot allegro su una pista scura, con le scarpe da ballo che scivolano veloci sul pavimento lucido. Come “Haven’t met you yet” di Michael Bublè.
Dopo la luce, è venuto il caldo, e poi il sapore dolce della cannella. Un cioccolatino per lenire il salato di una lacrima sulle labbra. Un sorriso la mattina, appena entrata in un luogo grigio e freddo. Se appartieni a questa famiglia, anche tu ti cerchi il Capo nelle tasche. Una persona ricomparsa per caso dal passato remoto. Un invito a cena. Una bimba che dice il mio nome. Le mie lenti a contatto nuove. Un ballerino invisibile per un mambo a piedi nudi sul pavimento di questa casa che non è la mia. Una bellissima, lunga, imprevedibile telefonata.
La magia di svolazzare sul soffitto, di camminare così leggera da sentirmi una farfalla, la sensazione di non riuscire a non sorridere.
Un vestito nero, un paio di scarpe rosse, la mia immagine riflessa sulla credenza mentre ballo da sola. Lo swing di Paolo Belli di vent’anni fa: “tu, se fossi come me, ascolteresti jazz, restare assieme poi, per scrivere un refrain, e tutta notte così, goderci questo swing…”
Bastano alcune piccole cose per trasformare l’inverno nel Natale.
Questa sera Chopin dorme sulle mie gambe incrociate, le luci di casa sono tutte accese, il forno diffonde profumo di quiche ai carciofi, il vino è quasi finito, suona “Whatever Lola wants”, e io spero di conservare quest’entusiasmo placido e consapevole almeno fino a dopodomani.
….ogni giorno che verrà avrà l’entusiasmo che ti appartiene….
che hai dentro….
e che devi solo fare uscire….
ti sarò vicino…nel mio modo…con i miei tempi….. con la mia brutalità…..
ma tenterò di starti vicino….
notte Fuori Dal Guscio…..domani la vita ti sorriderà ancora…..
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