Non sono nata qui ma è come se lo fossi, cresciuta (talora autoinventata) in questa città brulicante di attività, iniziative, luci, traffico, persone e denaro. Non sono nata qui ma sono fiera di esserci adesso, quando il pianeta, il paese e la città vivono un momento complicato e abbiamo l’occasione di fare la differenza. Non la Milano da bere, non la Milano di Craxi, neanche quella di Berlusconi o della Ferragni. Quella di Jannacci, di Gaber, di Fo, di Vecchioni, di Dalla. Di Mario Calabresi. Dello Zelig e della mensa dei poveri. Quella che lavora, neanche tanto zitta, sotto le luci di San Siro.
? Milano tre milioni e il respiro di un polmone solo, che come un uccello gli spari, lo manchi e riprende il volo… ?
Facciamoglielo vedere a tutti, adesso, “il polmone solo” di cui cantava Lucio, a maggior ragione davanti al virus che colpisce le vie respiratorie.
Credo profondamente in quel #milanononsiferma che ci ha proposto il sindaco Sala. Credo profondamente nell’ironia proattiva del video del Milanese Imbruttito e nelle parole, altrettanto incoraggianti pur se meno diffuse, che tutti i sindaci dei comuni della cintura della città stanno dicendo ai cittadini (grazie Micheli).
#milanononsiferma, nella mia solita – immodesta e superba – opinione, vuol dire non solo che noi non abbiamo paura, ma anche abbiamo intelligenza a sufficienza per inventare un nuovo modo di lavorare che ci permetta di proteggerci dall’ineluttabile recessione che si prefigura all’orizzonte.
Perchè la prima cosa è il Covid-19, e ce lo dice il Governo, ma la seconda è l’economia (della città, della Regione, del Paese ed anche dell’UE). O forse è il contrario e talora l’effetto fa più danni della causa degli eventi.
Secondo me c’è molto che possiamo fare.
Tutti.
Questa non è solo “la mia solita, immodesta e superba, opinione”, ma anche un tracotante invito a combattere con arguzia, intelligenza sociale, senso civico e un po’ di sana intuizione ad una situazione che ci ha colti impreparati e potrebbe inginocchiarci. Mi sbaglierò, ma secondo me Sala voleva dirci questo, anche se è probabilmente stressato da forze politiche e lobbies che tirano a destra e manca nell’isteria del momento, tra la psicosi delle persone e la greve consapevolezza di una imminente spaventevolissima crisi economica. Mi sbaglierò ma dimostratemelo, perchè io di esempi di reazione tempestiva, furba ed agile ne ho visti un paio, negli ultimi otto giorni (e a Milano si dice che un paio non è poco perchè “piutost che nient, l’è mei piutost”).
Ci dicono di reagire e di non avere paura. Va bene.
Solo che #milanononsiferma non vuol dire fottersene delle prescrizioni nazionali e lombarde e andare a fare shopping, chiedere la riapertura dei cinema o incazzarci perchè non possiamo andare proprio oggi a visitare la Pinacoteca di Brera. Reagire e non avere paura non significa sfottere quelli in quarantena quindicinale o in zona rossa acquistando l’impossibile via Amazon.
Reagire e non avere paura significa sviluppare sangue freddo, ragionare e, bruta lögia vacca porca, continuare a lavorare. Perché se ci fermiamo noi poi si ferma il paese.
Reagire e non avere paura significa mettere a disposizione tutto quello che abbiamo, compreso un certo spirito solidale che è quasi senza scopo di lucro, per quelli che fanno più fatica, che si tratti di strumenti, di idee, di risorse o di tempo (aaaaaaaah le banche del tempo!!!).
Non avere paura è più facile, se si ha un piano di continuità operativa: chi non lo ha potrebbe sedersi e farlo, anziché andare nel panico e parlare di politica, visto che siamo quasi chiusi in casa e non abbiamo un cazzo da fare. Piutost che nient, l’è mei piutost.
Tutti quelli che possono lavorare da casa dovrebbero lavorare da casa. Tutti. In Lombardia abbiamo tutti una connessione stabile ad internet, e per chi non ce l’ha… gli operatori telefonici ce le stanno tirando dietro purché non si fermi il paese. Non abbiamo i portatili? Costa meno un portatile di una settimana di fermo. Non abbiamo le licenze? Le chiederemo a Microsoft: le donano al non profit, figuratevi ad uno stato di quasi calamità.
Sto facendo la facilona? No.
Sto dicendo che la pianificazione del lavoro e l’azione collettiva possono cambiare il sistema e possono farlo subito.
Poi ci sono tutti quelli che non possono lavorare da casa. Ecco, quelli, magari non li demonizziamo ma li aiutiamo.
“L’ottantuno” non l’hanno scritto perchè non avevano un cazzo da fare, l’hanno scritto perchè è la legge del paese che tutela la salute dei lavoratori. Costa più comprare i DPI coi filtri FFP2 o FFP3 e lasciare le persone davanti alle macchine, sui binari, nei magazzini o smettere di produrre, assemblare e distribuire? Pare che a questo serva, in ultima analisi, la maledetta valutazione dei rischi…
Ho un amico parrucchiere, anzi, come dice lui, maestro del pelo. Ha avuto paura? Credo di sì, come me. Ha reagito? Già. Mascherina per il carnevale ambrosiano (la Quaresima quest’anno può aspettare). Appuntamenti distribuiti. Nessun assembramento di persone. E il dito medio al contagio.
Ho tutte le soluzioni? No, solo proposte, invenzioni, qualche idea ma soprattutto uno stimolo essenziale: anziché fermarci, anziché lamentarci, anziché fottercene… inventiamo un nuovo modo per fare. Tecnologia, progresso e innovazione degli ultimi 10 anni potranno aiutarci.
Vorrei parlarvi degli amici che mi hanno telefonato o mandato un messaggio (non sono tanti i km dalla zona rossa, qui). Vorrei spiegarvi del silenzio allucinante che abbiamo intorno, della gente che si guarda con circospezione, di quelli che dicono che scappano e tornano a casa (quasi nessuno è a casa a Milano – poi però infesteremmo tutta la penisola). Dei centri commerciali prima deserti e poi a battenti serrati, degli scaffali saccheggiati, delle mamme isteriche perchè le scuole sono chiuse. Vorrei raccontarvi degli appuntamenti saltati, dei clienti che ti dicono “grazie ci vediamo tra qualche tempo”, dei colleghi che chiamano chiedendo “come va?”. Vorrei raccontarvi della paura di essere un libero professionista che potrebbe essersi fottuto il fatturato dei prossimi due mesi (e non mi viene la battuta con la figa, nonostante l’estrazione).
Però non mi va, perchè noi possiamo e dobbiamo alzare la testa.
? e sempre allegri bisogna stare, che il nostro piangere fa male al re, fa male al ricco e al cardinale, diventan tristi se noi piangiam…?
Mi viene di dire che noi qui non abbiamo paura perchè #milanononsiferma: se i miracoli avvengono è perchè gli uomini ci credono e li agiscono o li vivono.
Mi viene da dire che questo è il nostro compito adesso: inventare un nuovo modo di fare per poter continuare a fare, senza avere paura, come i vilàn tanti secoli orsono.
Non so capire quanto sia davvero grave la situazione che viviamo sul profilo epidemiologico, credo però che se uno Stato lento ed indolente come il nostro reagisce alla velocità di un felino, facendoci attraversare una escalation di follia in un fine settimana, qualcosa di tremendo ci sia, magari non per me ma con certezza per la parte più fragile della popolazione.
Credo quindi sia giusto attenersi alle decisioni di chi governa il Paese, che io concordi o meno, e penso di fare il mio dovere di cittadina nell’agire in maniera socialmente responsabile e costruttiva. Credo che, grave o non, questo Covid-19 ci stia mettendo davanti una crisi economica difficile da gestire se non ci diamo una mossa (anche perchè Zaia dice stronzate, ma noi davvero non siamo tanti come i Cinesi).
Molto più intelligente agire ora, secondo me, che lamentarci domani di cosa ci ha inginocchiati.
E’ nei momenti di crisi che le grandi rivoluzioni avvengono, e questo lo scrive Kuhn e non Marx. Riscopriamo quindi l’etimologia delle parole e la filosofia della conoscenza. Questo è il momento per inventare, secondo me, un nuovo modo di lavorare, che potrebbe essere più fecondo, più sostenibile e forse più proficuo (magari persino De Masi è d’accordo). Questo è il momento, secondo me, per innovare.
Secondo me (immodesta, superba e pure tracotante, però Chiara).