Playa Giròn, casa di Lydia y Julio – Dec 29, 19:50 (GMT -5)
Nel nostro viaggio organizzato per gli aspetti essenziali stiamo improvvisando quasi tutto, ma ci siamo portati via un sacco di buoni consigli, uno tra i quali la preziosissima dritta di Imma (una collega di Luigi): a Trinidad cercate Rosa la Peluquera.
Vigilia di Natale, ore 20: aperitivo al Floridita, il Daiquiri di Hemingway, guardando le foto di repertorio esibite nel locale tra le quali svettano alcune conversazioni a bassa voce tra lo scrittore e Fidel Castro e ascoltando un po’ di salsa dal vivo.
Ore 20.30, puntuali come gli interessi sul debito, bussiamo alla porta della casa di Rosa (dopo che Luigi l’ha cercata, trovata e convinta ad ospitarci a cena nonostante la compagnia di una trentina di Italiani in viaggio con Avventure nel mondo).
Aragosta e filetto di pescato, così tanto che non siamo riusciti a finirlo. Una bottiglia di vino bianco spagnolo (dignitoso), patate dolci e zucca al forno. Dessert di frutta bomba (al secolo papaya). Non me ne vorrà la mia mamma se dichiaro che questa è stata la più particolare e saporita cena della Vigilia di tutta la mia vita fino ad ora.
Abbiamo cenato all’aperto, sotto le luci di Natale, nel cortile di una vera casa coloniale di Trinidad, serviti con rapidità e attenzione e nemmeno troppo disturbati dal gruppo di conterranei che ha avuto il coraggio di portare con sè ed aprire un panettone a tavola.
Rosa è passata un paio di volte a vedere come andava… le abbiamo chiesto un po’ di ron e ci ha portato (da assaggiare) la Aguardiente (ammazza che bomba). Abbiamo acceso un Cohiba e lei una sigaretta, l’abbiamo invitata a sedere con noi.
Che donna. Rosa ha 73 anni, 25 anni fa le hanno diagnosticato un cancro al seno e dato sei mesi di vita. Lei ha dovuto smettere di fare il suo lavoro (la peluquera, appunto) e curarsi. Ci tiene ad aggiungere, e penso che ne abbia ben donde, che ha avuto tanta fede e che ne è stata salvata. Mi ha detto che nella vita conta solo l’amore (e che pertanto io sono molto fortunata). Ha aggiunto che lei ne è la prova vivente.
Mi ha preparato la Canchanchara, perché le ho detto che mi piace. L’ha fatta lei con le sue mani e mi ha spiegato come si fa. Poi, siccome è davvero la più buona di tutte, me ne ha portato anche un’altra, mentre mi raccontava l’altra faccia della medaglia della rivoluzione: figlia di un proprietario terriero (latifondista) si è trovata, da bambina, senza casa, senza denaro e senza futuro e se lo è ricostruito da sola, lavorando.
Non se la immagina la sua vita senza il lavoro, Rosa, e non si può non capirlo guardandola negli occhi.
Tra i nostri compagni di viaggio, Rosa (che si chiama Rosa Gonzales ma dice che nessuno più la conosce con il suo nome) mi è rimasta impressa con un misto di affetto e di ammirazione, perché le sue mani rugose e i suoi occhi neri traspirano di coraggio, di dignità e di una grande intelligenza sociale.