Mi affaccio al solstizio d’inverno con *Niente da capire* in cuffia e la favola della piccola fiammiferaia sul comodino.
Ho preso un colpo di freddo, dico io. Sto buttando fuori cose, dice mia madre. Sta di fatto che ho un terribile raffreddore e mi metterei il piumone sulle spalle ma non riesco a non tenere i piedi nudi. Non riesco tanto bene nemmeno a fare i conti, ma come ad ogni semaforo guardo un attimo indietro, per poter spendere come si deve i giorni che verranno, col cuore pieno e la testa sgombra.
Del duemilaquindici porto con me una montagna incalcolabile di lavoro. Lavoro bello, lavoro intenso, spesso gratificante e molto motivante, pieno di stimoli, di possibilità, di persone che ho conosciuto, di attestati di stima. Me lo porto via con l’augurio di farne tesoro e crescerci sopra.
Gli lascio, invece, la mia incredibile incapacità di dare credito a ciò che sono e posso fare. La voglia di lavorare per riempire certi vuoti. L’impegno gratuito per chi nemmeno ringrazia.
Del duemilaquindici porto con me una donna incredibilmente diversa da me, che mi ha tenuta a lungo sotto il faro attento dei suoi occhi chiari e poi, quando ha capito, l’ha spento e si è fidata, lasciando nelle mie mani obiettivi preziosi. La fiducia che ha riposto in me è stata un grande premio, più dei complimenti che ci han fatto per i risultati.
Mi porto l’effetto stupefacente di anni ed anni di studio e di lavoro, diventati in un attimo un patrimonio infinito di valore da mettere a disposizione e far fruttare.
Mi porto la soddisfazione, con le lacrime agli occhi, di essere all’altezza delle mie aspettative, ma soprattutto di quelle di mio padre e mia madre, che tanta fatica han fatto a darmi tutte queste possibilità.
Del duemilaquindici, soprattutto, mi porto via la gratitudine. Per le grandi occasioni, le belle opportunità, perché sono riuscita a pagare l’affitto, le vacanze e posso ancora fare i regali di Natale. Perché adesso ho tutta la benzina che serve per andare per la mia strada, col mio coraggio, la mia avventatezza e questa smodata propensione al rischio che mi fa sorridere sempre, anche quando sono malinconica.
Al duemilaquindici lascio la menzogna, il tradimento e quei tratti di lato oscuro che mi hanno attraversato la strada. Trasparente ed onesta voglio conservarmi. E già che ci sono lascio anche, al duemilaquindici, il tempo speso cercando di alzare le basse frequenze.
Di esso porto con me, piuttosto, il coraggio delle scelte difficili, che quest’anno me n’è toccata ben più d’una. E non c’è niente da capire.
Gli lascio un compagno che non lo era, due amanti, quei crocevia a cui avrei potuto imboccare una strada drammatica e non si sa se quella che ho scelto fosse poi davvero la peggiore.
Mi porto un incontro stupefacente che ha arricchito le mie emozioni ed il mio modo di guardare il mondo, un uomo straordinario che si è seduto a tavola con semplicità assieme a mio padre e mia madre senza che ci fosse niente da capire e mi ha ricordato che forse c’è anche per me, da qualche parte, la felicità.
Del duemilaquindici mi porto via un bacio inatteso sul mio terrazzo, di quelli che mi son sentita dire *se non lo faccio adesso non lo farò mai più*. Che belli, i baci inattesi.
Mi porto le amiche di sempre, Anna, Giulia e Sara, che ci sono anche se non ci si vede mai, sia per gioire sia per stringersi al freddo.
Mi porto la voce di mia cugina, amica ritrovata lungo le tortuose curve della strada. E mi porto via i suoi sogni, così che si realizzino.
Del duemilaquindici mi porto via Domenico, che è e non sarà mai l’amore della mia vita, ma rimane il più bel cavaliere che io potessi scegliere per il matrimonio di mio fratello.
Mi porto via l’incontro con Barbara e la pace col passato.
Mi porto via la voce di Massimiliano, quella che sorride quando c’è il sole e mi fa cantare e ballare fino a notte fonda come una sedicenne felice.
Mi porto via il Dream Team: gli occhi celesti di Diego, la voce di Pasquale che pensa e quella di Luca che parla degli aerei, lo sguardo attento di Lorenzo, le risate di Silvia, le cravatte dei miei colleghi di passaggio, qualche centinaio di videocall da morire dal ridere.
Al duemilaquindici lascio le relazioni sterili, le serate noiose, le conversazioni inutili, che impoveriscono lo spirito: son state poche, ma vorrei esser così brava da non averne più.
Del duemilaquindici mi porto via Lorenzo 2015 CC, Messico e Nuvole di Giuliano Palma, Love di di Giovanni Allevi, Casa mia della Molinari.
Il concerto dei Negrita, quello di Vasco, quello di Lorenzo e poi Gino Paoli e Danilo Rea.
Mi porto via gli arrosticini a Silvi, le poesie di un giovane napoletano sulla sabbia abruzzese, il sapore delle sarde di lago, gli spaghetti con la bottarga, le passeggiate in Darsena ed in Brera, il caldo di una estate cocente ed il freddo di un inverno che inizia solo adesso.
Al duemilaquindici lascio un braccialetto di turchese, i viaggi sulla Serravalle, un biglietto aereo per Kuala Lumpur che non ho mai comprato, la mia incapacità di scegliere un compagno e quella, ancor più grave, di far rendere il mio lavoro.
Però mi porto via i pezzi di cuore e quel numero, non esiguo, di persone speciali che ho incontrato sulla strada.
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15 gennaio 2015 – Palazzo Reale, la mostra di Marc Chagall
14 febbraio 2015 – ciao Luca, buon viaggio
19 febbraio 2015 – Ground Zero, a cena con Domenico, Davide ed Anna
3 marzo 2015 – Vodafone Village, la prima sigaretta con Diego
16 aprile 2015 – Bar Magenta, ballando su Nicolò Cavalchini che suona *Con il nastro rosa* di Lucio Battisti
18 maggio 2015 – Rococò, a cena con mio fratello Claudio
21 giugno 2015 – Ground Zero, fiorisce il primo bocciolo di Agapanto (ed io imparo cosa sia l’amore)
16 luglio 2015 – Palazzo Reale, la mostra di Leonardo e la cena a Lacerba
21 agosto 2015 – Stazione Centrale, quell’ultimo caffè che sembrava l’inizio della vita
5 settembre 2015 – Lambrate, la prova di Pilates che non ho mai fatto
1 ottobre 2015 – Terrazza Aperol, chiacchiere splendide con Giulia, che siamo diventate grandi
29 ottobre 2015 – Ground Zero, arrivederci amore ciao
26 novembre 2015 – La Crota Piemontesa e il Wave, Nicolò Cavalchini che suona, ancora
27 novembre 2015 – Elettrauto, gli occhi azzurri di Paolo annegati nello spritz
5 dicembre 2015 – Madonna di Campiglio, ho rimesso gli sci
21 dicembre 2015 – la vita è adesso