Una volta scrivevo di punti di riferimento e punti di sospensione, probabilmente senza alcun ancoraggio alla realtà.
Oggi, quotidianamente, mi trovo a discutere del senso della punteggiatura e del ‘re-phrasing’ con persone che a stento conoscono la grammatica, sia essa quella italiana o una (qualunque) straniera.
Ecco, io lo dico: non si tratta di punteggiare o di rifrasare. Le parole sono importanti. La semantica è essenziale.
Semplice, nuda, indispensabile. Come la compagna accanto alla quale riposare.
Riposare. Camminare. Condividere. Comprendere. Aspettare. Amare.
Riposare non è solo dormire, bensì cogliere lo spazio che intercorre immenso tra la veglia ed il ristoro dell’anima.
Camminare non è solo mettere un piede davanti all’altro, bensì avanzare e quindi evolvere, lungo la strada della vita, nella dimensione individuale e sociale cui scegliamo di aderire.
Condividere non è solo spartire, bensì decidere insieme spazi comuni di azione e reazione, di progetto.
Comprendere non è solo capire, bensì scegliere di accettare.
Aspettare non è solo attendere, bensì pretendere la realizzazione di un sogno.
Amare poi? Dare, credere, confidare, concedersi, tollerare, perdonare, apprezzare, sorridere e poi ridere di gusto.
Niente a che fare con l’innocente evasione di Mogol e Battisti. Niente a che spartire con l’accettazione passiva, la noia, l’abitudine, la resa. Niente a che fare con la gabbia, niente a che spartire con la necessità.
Ecco, ho quindi un nitido problema non solo con la punteggiatura, ma anche con la semantica.
Per me la vita non ha punti di sospensione, come la scrittura. Valgono in rarissimi casi e servono solo a generare stupefacenti aspettative.
Per me la vita è piena di parole significanti.
Riposa, cammina, condividi, comprendi, aspetta ed ama, accanto a me.
Serena, fiera, sincera, attenta, fiduciosa. E basta.
La mia semantica esistenziale inizia e finisce qui. Sei verbi, cinque aggettivi ed una locuzione avverbiale.
Pretendo la deposizione di ogni segno di interpunzione che sia sospensivo di una risposta o di una obiezione.
Accetto la pausa, non la resa, perché amo le virgole ed i punti a capo; voglio il modo indicativo come idea regolativa e maltollero ogni forma di impraticabile condizionale; scelgo le proposizioni assertive ed odio il periodo ipotetico.
Considero solo parole pienamente significanti, pur semplici, e nemmeno un accenno alla vaga vacuità di un fuoco fatuo.
Tutto il resto è un rumore lontano ed io non ho voglia, né tempo, di ascoltarlo.
Voglio solo essere ciò che sono, fissata con la grammatica e l’etica, ancorata a grandi valori programmatici, fiera di esser nata tonda e non poter morire quadrata, col mio amore per i significati profondi e l’aberrazione dell’omissione e della menzogna.
Noiosa, rigorosa e pragmatica come la mia Vergine.
Teorica, visionaria e sognatrice come il mio Sagittario.
Questa sono, rimango, ed intendo permanere: indelebile, costruttiva, assertiva.
*** il bacio sulla bocca ***