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senza maiuscole, piena di vita

ho riletto stasera, nell’occasione del suo compleanno, sei anni di racconti estivi dal Guscio.

li ho riletti cercando una storia a cui ho dato un titolo al contrario, quello della gatta d’estate e dei gabbiani che le insegnarono a volare.

non sono state tutte uguali le estati, davvero. son state lunghe e brevi, sofferte e vivaci, tranquille ed angosciate. son state estati di prosecco, rhum, lagrein, amaro del capo, prosecco, sambuca, satèn, sambuca. son state estati sempre un po’ etiliche, mai senza una tappa alla Agenzia delle Entrate, e sempre sempre con un gatto che mi guarda e miagola che mi ama.

sette estati piene di musica e di parole, cambiate sull’onda del tempo. timide, velate, metaforiche. poi sincere ma mistificate, poi silenziose. poi doloranti, attonite, spaventate. poi timorose, quasi riverenti, moderate, noiose. e poi di nuovo, e ancora, di più, ardenti, ermetiche, travolgenti.

io me, neanche ci credo, che scrivo e senza saperlo racconto che cambio. racconto, tra l’inconsapevolezza e la negazione dell’evidenza, l’intonazione delle mie parole, e narro la donna che sono ed il collo da cigno che non si china sotto il peso di una vita stonata, faticosa e terribilmente armonica delle note dei desideri più profondi.

rileggo sei anni di gusci estivi, ricordo avventure, emozioni, qualche fandonia scambiata per una decisione, qualche tentativo di scegliere una nuova gabbia. neanche una regolarità, tra le parole.

sempre la stessa, io, mai la stessa.

sempre perché non avevo il coraggio di dirlo,

mai perché sono cambiata come le sfumature del cielo in una serie di rappresentazioni impressioniste.

non sapeva chi era, la gatta, quella sul tetto che scotta. aveva quasi paura di sé, lei, che ha sempre avuto un gatto sulle ginocchia mentre scriveva.

poi l’ha imparato così bene che si è trasformata nella sua nemesi, il giocattolo privo di sentimento per un prossimo infelice.

ancora, ha deciso di redimersi, di nuovo e malamente, rinnovando il blasfemo tentativo di una vita ordinaria.

ma no, no, ed ancora no.

non funziona.

non sono più quella che non ha il coraggio di partire da sola, ma sono ancora quella che gode, sola, del viaggio.

son sempre quella che odia i punti di sospensione, mi chiedo se ho la capacità di essere il punto di accumulazione, oltre che di riferimento.

voglio ancora un tetto di mansarda ed un terrazzo, ma preferisco il verde sulla parete, perché è molto più jazz.

ho il coraggio di dire con chi ho bevuto un prosecco sul muretto, ho la forza di berlo anche da sola.

cucino ancora, specie per ferragosto, ma so smettere di bere. so scegliere cosa voglio e cosa non.

riconosco il metallo che scotta, il pericolo, il crinale su cui camminare come una acrobata. ed inspiegabilmente scelgo ancora di farlo.

rifuggo la gabbia e le sue sbarre dorate.

*scelgo ed amo una vita instabile e furiosa, priva di qualunque forma di certezza. voglio essere sempre e solo una costante, reiterata, scelta consapevole. senza bugie, senza segreti, senza vincoli, fatta di acciaio e fuoco e vento e sangue.*

***

non so se mi accompagnerai in questa strada, ma sei anni di gusci estivi questo mi insegnano: che sono viva e sono qui, con la protezione zero spalmata sopra al cuore e senza paradigmi annichilenti.

ben oltre la metà del guado tra la noia e la felicità, ricolloco l’ebbrezza tra gli attimi che vengono e non tornano. perché lì ben oltre, c’è la vita.

lì, ben oltre, l’ebbrezza non c’è, oppure non se ne va. profuma di quell’abbraccio appassionato che sa di talco, di un pasto frugale come di quello luculliano, del tempo che passa alla velocità della luce tra i problemi e la soddisfazione. la vita, sì:  quella di quelli che non avrebbero avuto vita regolare.

sei anni di post estivi sul Guscio ed in dieci minuti posso raccontare un atroce dolore da cui avrei dovuto rifuggire e riesco a farlo sorridendo e senza vomitare. sei anni di post estivi sul Guscio e finalmente scrivo quasi come vorrei. sei anni di parole scritte e magari un giorno saprò dirle anche ad alta voce, certe cose.

piena di vita, con pioggia e vento e sangue nelle vene, da quella sera io non l’addormento più, la gatta. perché i gabbiani mi hanno insegnato a volare.

ed io sto bene solo vicino ai felini. liberi, ardenti, disciplinati quel che serve e feroci almeno altrettanto.

il finale è dedicato a te, con le parole che non so scrivere e figuriamoci se so dire, però la vita è adesso, che sia la pelle di luna o di oliva, ed il mio sorriso, davanti alla bellezza delle stupefacenti curve della strada, rimane sempre quello di una supernova che ti esplode dentro e addosso.

Su Lorenzo, Vasco, Zucchero, Claudio, Mina, Antonello e Suzanne.

 

***

T’immagini – Cosa succede in città – Vasco Rossi – 1985

Se telefonando – Studio Uno 66 – Mina – 1966

Strada facendo – Strada facendo – Claudio Baglioni – 1981

Alta marea – Benvenuti in Paradiso – Antonello Venditti – 1991

Sballi ravvicinati del terzo tipo – Non siamo mica gli Americani –  Vasco Rossi –  1979

Ti porto via con me – Backup – Jovanotti – 2012

Ti prendo e ti porto via – Stupido hotel – Vasco Rossi – 2001

Dune mosse – Oro, incenso e birra – Zucchero Sugar Fornaciari – 1989

Tom’s diner – single edition – Suzanne Vega – 1997

Pieno di vita – Lorenzo 2015 CC – Jovanotti – 2015

L’urlo – Miserere – Zucchero Sugar Fornaciari – 1992

***

E Ornella, già, poco poco dimenticavo Ornella con Lucio.

Senza fine, come senza maiuscole

 

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