Ho aspettato il 24 febbraio con la stessa trepidante attesa di un bambino che guarda fuori dalla finestra per vedere se arriva Babbo Natale con le renne e la slitta. Un regalo per ogni martedì che è passato, finché non è arrivato ieri, assaporando con lentezza e curiosità ogni singolo brano nel mio iTunes. Quasi non avevo il coraggio di ascoltarli, per non levarmi la sorpresa.
Poi è uscito l’album: Lorenzo 2015 CC.
Disponibile su tutti i dispositivi della mia vita, improvvisamente, alle due di notte, nel pieno della vorticosa intensità di una esistenza su cui non ho il minimo controllo e che continua a fare pieghe strane come una moto sui curvoni della tangenziale.
Son giorni di merda, nella mia vita, quella che va e non va. Quella senza regole, senza punti fermi, senza neanche una certezza. Settimane che non dormo, lacrime, angosce, giorni di lavoro infinito nell’incrollabile speranza di costruirmi da sola, con coraggio ed energia, il futuro. Ho smarrito un altro amore, tanto per cambiare. Perché tutti dicono che sono meravigliosa ed incredibile, ma trovalo tu uno che mi sa stare vicino. O forse, insegnami tu, Lorenzo adorato, quali siano gli uomini cui avvicinarsi che lo meritano davvero, un amore come il mio.
Così duri, questi giorni, che anche di musica ne suonava di meno, a Ground Zero, fino a ieri.
Poi son salita in macchina. Un viaggio di due ore da fare (che poi diventan tre perché c’è un botto di traffico in tangenziale ovest).
Ieri mattina, all’alba, con le occhiaie così profonde che sembro un panda per l’ennesima notte bianca, ho messo il culo sul sedile della mia Audi bianca e bellissima e ho sparato Lorenzo 2015 CC a bomba.
E ho cominciato a ridere.
L’ho ascoltato tutto, due volte, forse tre, nei miei andata e ritorno dalla sede del massacrante cliente lontano.
E sono impazzita. Di amore per la vita.
Ci ho provato a far le cose con ordine, ma per me è impossibile, si sa. Impossibile ascoltare un album così, tutto di fila, come se fosse un disco qualunque. Perché alcuni di questi pezzi sono travolgenti e non si possono che far suonare a palla, in loop nel mio sacro potentissimo impianto audio, finché non mi han bucato le orecchie.
Guidavo sulla Serravalle, e diglielo tu alla mia macchina di andare piano, mentre citi King Kong e io sento che la mia vita è come quell’astronave?
Diglielo tu, alla mia macchina, di andare piano, mentre suona di sorpresa ‘L’estate addosso’. Io che ci son nata, con l’estate addosso.
Ballavo.
Guidavo e ballavo e sa il cielo come ho fatto a non scendere in mezzo all’autostrada, pensando ai cieli infuocati ed ai brevi amori infiniti della mia vita.
Ballavo respirando la mia libertà e sorridevo. Sorrido ancora, io che ho la protezione zero spalmata sopra al cuore e adoro Battiato. E l’ho ascoltata almeno tre volte di fila.
Mi restituisci la vita, piccolo genio della musica e della poesia. Ti ascolto e penso che voglio essere come te. Così piena di vita e coraggio e speranza che niente mi fermerà dallo scrivere quello che penso, dire quello che voglio, e amare amare amare così tanto fino a brillare.
Lo dice sempre, la mia amica Anna. *Si sente di che umore sei dalla musica che ascolti, epperdio di che umore sei, quando ascolti Lorenzo!*
Mi scoppia la testa a raccontarti, perché è impossibile riassumere una così grande complessità di suoni e sensazioni e varietà di emozione nelle mie semplici, povere parole.
Mi scoppia la testa e a tradimento suona ‘Pieno di vita’. Pensa a quante volte sembra proprio che non va, e poi cambia tutto in poche ore. Già, basta il tuo album. Perché non è scritto da nessuna parte che avrei avuto vita regolare, ho perso la moto con cui tornare da un viaggio ma sono ancora piena di vita.
Non ci son due ritmi uguali in questi 30 pezzi, non sei mai solito, mai usuale. C’è tutto il pianeta, in queste note.
C’è solo la tua voce semplice sulle quelle geniali parole difficili. Tu, maestro elementare di emozioni complesse.
L’unica continuità che ci trovo è quella della vita: qualcosa va, qualcosa non. Qualcosa di samba, qualcosa di rock, qualcosa che fa ballare, qualcosa che fa piangere. E tutto che fa guardare avanti.
Qualcosa che qualcuno non ha capito, barricato dietro la paura delle certezze che mancano, che non ha pensato che la prima certezza della mia vita sono io e che la seconda è, con tanto nitore, quell’altro che mi ama (e un giorno, vedrai, verrà). Tutto il resto è solo musica, diversa, ogni giorno, nei giorni.
E guido ancora. E suona ‘Il cielo immenso’. Che la sapevo già, era nei primi brani resi pubblici a chi ha prenotato Lorenzo 2015 CC. Però su quel ritornello a me mi si spacca il cuore a metà, pensando a quanto sono stata triste.
A me mi.
Sì.
Come diceva la Solmi: è un rafforzativo e non errore. Come me: sono un rafforzativo e non un errore della genetica.
La vita non aspetta che sia giusto e il tuono non aspetterà il silenzio. Già. L’amore dato non ritorna a posto ma resta in giro e rende il cielo immenso. E penso che allora io non lo rivoglio indietro quell’amore, ennesimo, che ho sprecato. Si vede che qualcuno, dal cielo, ne sarà illuminato quando gli servirà.
E poi c’è ‘Un bene dell’anima’, che mentre la ascolto non posso non pensare alla mia socia, quella bellissima. La persona più diversa da me che conosco, che è la prova vivente del fatto che ci sono amori incredibili che nascono dall’integrazione della differenza. Quella che stasera ti ascolterà con me, suonato a raffica mentre ceniamo, e poi io ballo e lei si siede sul suo divano blu e ricorda, pensa, scrive, non scrive e ride e fa il pesce rosso che si dimentica i titoli dopo tre secondi che glieli ho detti.
‘E non hai visto ancora niente’, no. Non dell’album, non di me. Lo dico a tutti. Non si può star fermi, si balla, con tutto il corpo. Le braccia aperte, le mani sul volante non ce le tengo, nemmeno sulle curve: Nicola mi ha insegnato a tenerlo col ginocchio. Vivo in giorni di buio e paura, che non so cosa sarà il domani, piena delle violente cicatrici di una vita vissuta tutta, intera, fino in fondo, io che ne ho il coraggio, però hai ragione tu: milioni di serrature non riescono a tenermi chiuso il cuore nemmeno se reggo sulle mie spalle da buttafuori il peso del mondo.
Il viaggio finisce, la giornata è durissima, nemmeno il tempo di mangiare un boccone. Mi chiamano Miss Wolf, risolvo problemi. Mi danno progetti impossibili, io li realizzo. Cammino alta fiera e incazzata e nessuno si è ricordato che oggi è il 24 febbraio e io volevo il tuo album. Una volta me l’avrebbe regalato, subito e a sorpresa, il mio ex marito. Ma lui mi amava, più o meno. E stava attento ai miei desideri.
Me lo sono regalata da sola. Ce l’ho.
E risalgo in macchina, e ricomincio. Ma stamattina una persona preziosa ci ha pensato. Ha pensato che lo volevo, ha pensato che per me la musica è la vita, e mi ha mandato un messaggio: ‘Allora lo hai già ascoltato tutto il disco di Lorenzo?’.
E allora qualcuno che si accorge, davvero, di chi sono, c’è. E merita il mio spassionato travolgente affetto. A bomba.
Come la musica nel viaggio di ritorno, nella mia vita al tritolo.
Centosessantasei km di curve e nevischio e camion e buio e io non ci vedo più tanto bene, devo cambiare gli occhiali. E mi telefonano, ma io voglio solo ascoltare e godere. E ballare, seduta.
Bruciare l’autostrada come ho bruciato tutte le tappe della vita e carbonizzato chi non sa stare sul mio ottovolante.
‘7 miliardi’. Già. E ricomincio a ridere. Perché la canzone illumina la strada, fa muovere le gambe, scoppiare il sorriso a naufragare nelle storie che ci sono dentro gli sguardi che si incontrano. Alcuni, davvero, incredibili.
Bellissimo, quest’album. Ha suonato tutta la sera, a Sandwich Floor, qui sopra la mia testa. Con me ed Anna vestite come due cretine che ridiamo e cerchiamo di convincerci che la vita è tutta davanti e che c’è amore anche per noi, al mondo. Anche lei, la mia pesce rosso, ti sa già a memoria. Perché certe parole si tatuano al cervello e si abbarbicano nell’anima lasciando che la natura dell’umanità esploda fuori da sè, regalando il meglio al proprio prossimo.
Bellissimo, sì, che ho sceso le scale, ho riacceso l’album, di nuovo.
I miei amati vicini sono abituati, oramai.
Ho versato un bicchiere di sambuca e mi son messa a ballare a piedi nudi sul pavimento, da sola. Come sempre, come piace a me. E mi sento davvero che ‘Il mondo è tuo (stasera)’.
E stanotte, te lo dico, caro Lorenzo, ho dormito. Senza sonnifero. Sei ore. Ho dormito.
Perché la vita è adesso e non abbiamo un minuto da perdere.
Ma prima di dormire ho ringraziato Dio, così.
Grazie Dio.
Per Lorenzo che mi salva la vita.
Per la vita.
Per la protezione zero spalmata sopra al cuore.
Per la sambuca che sto bevendo ballando.
Per i miei brevi amori infiniti.
Perché è vietato non innamorarsi ancora.
Per il nome di tuo figlio.
Per l’estate e la libertà.
E perché se l’amore dato resta in giro, il cielo sopra di me è immenso.
Amen.
Ci vediamo il 27 giugno a San Siro, sul prato. A ballare sudati come gli orsetti della Duracell insieme ai pezzi di cuore.