la mezza stagione è una stronza insopportabile, gratta la pelle e raschia l’anima. fa caldo ai piedi e freddo alle spalle, secca ed inumidisce, annoia.
non raggela, non sbollenta. la mezza stagione, bastarda, stufa. lessa. deprime.
mi son svegliata, stamani, con lo spirito inverso.
un incubo terrible prima, una visione precognitiva poi. troppo freddo sotto la trapunta leggera, troppo caldo se aggiungo la copertina di cotone imbottito. una nota di insofferenza anche nel dormire.
un fastidio persistente, inscrollabile, addosso.
la pelle prude, la gola raschia, lo stomaco non digerisce. la stagione cambia, attorno a me, ed io non sopporto la transizione.
mi piace il bianco, mi piace il nero.
mi piace il giallo, mi piace il rosso.
evidentemente maltollero sia il grigio sia l’arancio.
ecco.
la mezza stagione è la transustanziazione climatica,
dentro di me,
della noia, dell’ignavia, dell’inerzia.
la mezza stagione è il muro di gomma.
non è rock come l’estate, non è jazz come l’inverno. lo champagne senza perlage, la tagliata di tonno stracotta, un graffio di gesso duro sulla lavagna nera.
la mezza stagione, la stronza, stride, ed io la odio.
mi dà fastidio avere un corpo, nella mezza stagione.
mi sento gonfia, grassa, umida, sterile e statica.
non mangio volentieri, non bevo con gusto, dormo male, penso meno, leggo poco, sono terribilmente antipatica perché non sopporto la pelle del viso che tira, le gambe che si seccano, la pancia che borbotta, i piedi che sudano.
che schifo.
attraverso la mezza stagione due volte l’anno, ogni anno da quando mi ricordo, bevendo tanta acqua, passando ore sotto la doccia, ingurgitando drenanti per cambiare la pelle il più velocemente possibile, aspettando che l’altra, la stagione intera, arrivi il prima possibile.
sopporto la noia del tempo che cambia e non inverte, malmostosa e intrattabile, nell’attesa che cambi l’ora e venga il grande freddo che mi taglia la faccia o il terribile caldo che arriccia i capelli.
quel che mi uccide, però, è la mezza stagione nella vita. ed io me la ricordo bene, perché ci ho passato dentro sette infernali anni di nullità esistenziale. e poi ne ho aggiunto uno, così, per farmi un po’ del male, quando non mi volevo bene.
io odio la mezza stagione, anche se tutti dicono che nella vita va e viene come nel clima.
amo le farfalle e i cristalli di neve, i colori forti, le giornate tentacolari, l’ebbrezza della velocità, il panico della vertigine.
amo prendere un aereo, correre un rischio, spalancare le lunghe braccia per accogliere un altro essere umano, assimilare le note di un piano al vento freddo che soffia impietoso, gridare incredula d’ira, gioire ebbra di pienezza.
odio la noia, la stasi (che niente ha a che fare con la quiete), la nebbia, la reticenza, l’omertà e tutto ciò che di opaco può caratterizzare l’esistenza.
una sola cosa ha, di buono, la mezza stagione: finisce.
quella climatica, col tempo. fortunatamente breve.
quella esistenziale con l’azione, l’intenzione, l’onestà.
mai c’è mezza stagione nella verità, nella sincerità, nella trasparenza.
ed in quelle io vivo e voglio continuare a credere, sperare e respirare.
e solo di quelli come me, costantemente ed operosamente, circondarmi.