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Chiamatela “Miss Wolfe” (cito Pulp Fiction con la e finale)

Dodici agosto duemilaquattrordici, ore sette,  Alice apre gli occhi, guarda l’ora. *Troppo presto, sono in vacanza.* E si gira dall’altra parte, affaticata.

Ore sette e trenta. Stessa scena. Si rigira.

Ore otto. Stessa scena. E si rigira.

Vittima dello stress di un anno eterno, alle nove, rassegnata, si alza.

Colazione da manuale. *Sono in vacanza, ho tutto il tempo del mondo*. Succo di limone, due fichi freschi, tre fette di kamut con marmellata bio ed una enorme tazza di caffè americano sorseggiata leggendo il giornale online. Dicono che sia morto Robin Williams.

Ecco, è ora di uscire.

*Giusto per fare due cose*, in fondo Alice è in vacanza.

Il programma prevede solo una cena in famiglia con Alfredo, il fratello, quello che *è colpa d’Alfredo*, che rientra per ventiquattro ore dalle Tremiti perché ha un lavoro importante da fare a Milano (e i suoi discorsi seri e inopportuni).

E quindi, visto che la giornata è vuota, Alice sbriga un paio di faccenducole. Una gita in posta, una escursione in Equitalia. In coda allo sportello, spiegando cosa le serva, si sente chiedere: ‘Scusi, ma lei che lavoro fa?’

*Consulente di direzione.*

‘Che vuol dire?’

Alice ci pensa un po’ su. Poi risponde: *Risolvo problemi* e tra sé e sé sogghigna: *Chiamatemi Miss Wolf*.

Ma tanto nessuno capisce l’ironia, figuriamoci il verismo.

***

Agrate, ore tredici, puntuale come gli interessi sul debito, Alice è da Acqua e Farina ad aspettare un amico per pranzo.

‘Che hai fatto stamani?’

*Niente. Son stata in posta, in Equitalia, da Media World a ricomprare il minimpimer che ho fuso perché ho troppa energia nelle mani, dopo aver discusso animatamente con il commesso perché il loro AS400 fa schifo e non aggiorna il pricing e quindi non ho fatto a tempo ad andare all’autolavaggio.*

Maledetto, maledetto AS400 che la perseguita, ultimamente.

Poco male, è vacanza.

Flan di zucchine, filetto di Angus al medio sangue, una bottiglia di Ornellaia. Alè.

***

Dodici agosto duemilaquattordici, ore sedici, Alice torna a casa per riposarsi un po’. Una sosta all’autolavaggio, una telefonata al pezzo di cuore taciturno in Malesia, venti minuti via FaceTime sotto il sole cocente ma già che c’è si è fatta sostituire le spazzole dei tergicristalli.

Mentre il suo santissimo colf sistema casa nel suo normale martedì pomeriggio, lei disimballa e prova il minipimer, fa andare tre lavatrici (due mesi di arretrato abbondante sul programma, del resto la trasferta costante è così…). Riadatta tutto il sistema di irrigazione del terrazzo, sposta tre mobili, spazzola il gatto. Una doccia ghiacciata, per finire. E sei minuti seduta all’aperto a gambe incrociate a fumarsi una sigaretta: *Ah! Questo sì che è riposo, che belle le vacanze!*

***

Dodici agosto duemilaquattordici, ore venti: c’è da andare a prendere Alfredo per la cena di famiglia. Atterraggio previsto alle ventuno e quindici del volo da Pescara ad Orio al Serio. Madre e padre puntuali al parcheggio la aspettano, in macchina. Diluvia, in valpadana. Altro che nebbia: aquaplaning.

Orio al Serio, ore ventuno, sul tabellone degli arrivi RyanAir dichiara addirittura dieci minuti di anticipo. *Belin, questa sì che è una notizia*.

Orio al Serio, ventuno e cinque, appare il primo avviso: volo da Trapani dirottato a Bologna. Motivo? Sconosciuto.

Una serie di avvisi, successivi. Nessuno impattante, dice Alice, che evidentemente misura qualunque cosa. La folla in attesa si agita.

Orio al serio, ventuno e venti, appare il dodicesimo avviso: il volo da Pescara, quello di Alfredo, è stato dirottato a Parma. Motivo sconosciuto.

Delirio generale. Padre e madre in crisi mistica: ‘Andiamo a Parma’.

*Ma siete matti? Andiamo all’information desk.*

Nella follia collettiva, con quindici persone in coda all’information desk, nervose e anche abbastanza incazzate, Alice imbraccia il suo fedele telefono e scopre tutto quello che c’è da scoprire. Volo dirottato causa maltempo; navetta prevista in un paio d’ore per trasbordare i passeggeri da Parma a Bergamo; aeroporto internazionale di Parma (ma Parma ha davvero un aeroporto?!) che dista 5 km dalla stazione ferroviaria; un treno per Milano alle 21:40, uno alle 22.10 ed uno alle 22.47.

Peccato che tra gli astanti dell’information desk (che si stan mangiando di parole la povera vittima del personale di terra che non sa nemmeno dove sia Parma) si trovi anche un amico del padre di Alice, un biondone, che in quattro e quattr’otto organizza una spedizione per raccogliere moglie e figlio in quel dell’Emilia Romagna. E se lo fa ci metterà due ore ad arrivare e una e rotti a tornare.

*Signori, sono le nove e mezza e diluvia, tempo che arriviamo a Parma son tutti già saliti in treno e scesi in Centrale!*

‘Ma no, Alice, figurati il treno…?

*Papà, riportaci a Milano, andiamo a cena, al resto penso io.*

Il padre di Alice, suo malgrado, stranamente, obbedisce. Più stordito che altro. La madre non proferisce verbo, perplessa.

Alfredo, dall’altro capo del telefono, è scettico. ‘Prendo una macchina a noleggio.’ Com’era? Discorsi seri e inopportuni, no?

*Lascia stare, chiama un taxi, vai in stazione, prendi il treno, il biglietto te lo mando elettronico sul cellulare.*

‘Ma sei sicura?’

*Cazzo se sono sicura!*

***

Orio al serio, dodici agosto duemilaquattrordici, ore ventuno e quaranta. Padre di, madre di e Alice salgono in auto.

***

Parma, dodici agosto duemilaquattrordici, ore ventidue e dieci, Alfredo e la moglie e il figlio del biondo salgono in treno. Autonoleggi tutti chiusi, taxi in aeroporto tutti occupati, meno male che c’è il radio taxi.

 ***

Milano, ristorante Il Pinguino Blu, via Melloni angolo via Poma, ore ventidue e quaranta: una bottiglia di Chardonnay, impepata di cozze, grigliata di pesce. Deliziosi. L’amico oste li ha aspettati, apposta per dar loro il tempo di mangiare come si deve e portar via la schiscetta per Alfredo, che tanto il treno non arriverà mai, dicono…

 ***

Milano, ristorante Il Pinguino Blu, ore ventitré e quindici, suona un telefono. Alfredo dichiara concitato che il treno è in orario, anzi forse in anticipo.

Il padre dei due si agita, ovviamente: ‘Ecco, lo sapevo che avevamo mezz’ora per mangiare, l’avevo detto io…’.

Alice prende il telefono: *Alfredo, ma sei arrivato?*

‘No, ho solo visto il ponte di Lambrate.’

*Ecco, allora prendi un taxi: la cena ti aspetta’.

Anche Alfredo, stranamente, le dà retta.

La madre si alza, una scheggia, e va a parlare col ristoratore. E la schiscetta diventa magicamente una cena a lume di luna piena al ristorante di pesce.

Nel giro di dieci minuti son tutti a tavola. Alfredo divora carpaccio e tartare di salmone, e già che c’è una birra media. Si sa che lui è uno coi gusti strani.

***

Milano, ristorante Il Pinguino Blu, tredici agosto duemilaquattordici, mezzanotte e quaranta. Sul tavolo il vino è finito, la birra anche. Troneggiano biscotti secchi e una bottiglia di mirto, mezza piena (o mezza vuota?).

Son tutti stanchi, sereni, sorridenti. C’è solo da tornare a casa, che domani Alice è in vacanza, come oggi, e Alfredo lavora.

E con un volo dirottato, moglie e figlio del biondo da riportare a Milano, niente chiavi di casa e il nubifragio sulla pianura padana… il programma ha solo un’ora di ritardo.

Com’è che dice Alice?

Chiamatela “Miss Wolfe”, risolve problemi.

 

 

***

NdChi: ogni riferimento a persone e cose realmente accadute, specialmente nelle ultime ventiquattro ore, è puramente casuale e per scrivere questo post sono stata felicemente coadiuvata da tanta fantasia e un sano bicchiere di Amaro del Capo ghiacciato. 🙂

Fuori dal Guscio, o solo fuori di testa, la vostra chiara voce Chiara.

***

 

1 commento su “Chiamatela “Miss Wolfe” (cito Pulp Fiction con la e finale)”

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