Lo so lo so… La crisi, le cose… E tutte le cose che diciamo che non sappiamo. Diciamo che non le sappiamo, ma le sentiamo eccome.
Ed è quello che fa la differenza.
Che io lo so. Che ho perso tutti i filtri, e che non me ne frega niente, e che voglio sentire. Solo sentire, e poi vivere così come sento, aspettando o forse solo sperando che qualcuno capisca e senta.
Questa sera ho ascoltato, per la prima volta, Ornella Vanoni che canta sul mio amato Paolo Fresu (grazie Antonio). E mi sono bastate quattro note per sentire, e poi, d’improvviso, cominciare a sorridere.
Un po’ a ricordare, un po’ a immaginare, un po’ anche a sperare, a dir la verità, io che non speravo più. Dolce, dolcissimo, travolgente, coi bei peccati succede sempre.
E qui nel mio letto, adesso, colleziono immagini rievocate dai suoni di questo fantastico pezzo, terribilmente evocativo.
Un abbraccio teso e e forte, mentre scaldo la pietra ollare e neanche ci arrivo, al filetto da tagliare. Un abbraccio che mi travolge, mi trasporta, mi trascina via da una realtà che se la guardo bene non ha un milionesimo di uno di probabilità di essere vera.
È stato bello, bellissimo, travolgente, lasciarmi vivere totalmente.
Una mano sul fianco, davanti all’ATM, mentre arrivo col mio vestito svolazzante e quasi mi faccio stirare da un taxi perché cammino svanita ascoltando la musica in cuffia. Un sorriso accogliente, un bacio discreto, una stretta più attenta del solito, che solo il mio alterego maschile se ne è accorto, oltre a me (o ce la siamo sognata tutti e due).
Un passaggio alla mia macchina, che forse un bacio ci stava, ma non è mai arrivato, e non saprò mai perché e neanche credo che sia per forza meglio così. Perché, come dice il mio anagramma preferito, certe porte non le devo chiudere, e rimango col cuore caldo e gli occhi aperti.
Un grattino sulla schiena, tra il divano e il muro. Seduta forse un po’ troppo vicina, ma reclamata tale, che il rhum non mi fa niente e qualcuno invece ci va a male. Una emozione sottile, quasi impalpabile, ma c’è. Sono viva!
Ma coi bei peccati succede sempre?
Ecco. Nei minuti in cui suona questa canzone calda, piena di sincera e ingenua intensità, sento la mia passione arancione e lilla, un po’ ardente e un po’ delicata, sprigionarsi assieme alle farfalle sul soffitto della mia camera a Ground Zero.
Son qui da sola, come sempre, e mi viene da sorridere, travolta dal tepore allegro di queste note.
Penso, ripenso, cerco di sognare e non di ricordare, cerco di volare con le mie, di ali, che sono ampie e piene come il mio coraggio, quello che mi fa camminare sempre con la schiena dritta e un mezzo sorriso meditativo sul viso.
Su un pezzo di musica così potrei scrivere per ore, salvo poi scoprire che chi doveva leggere non legge. Quindi scrivo per me. Quattro righe di moderata, leggera, favolosa ebbrezza. Sprigionata energia nel corpo leggero e sottile che vorrei, splendente sorriso nello specchio che ho accanto e che io sola vedo.
Si fa così, si cuoce a fuoco lento, mescolando con sentimento…
E adesso mi addormento, travolta da una mistura strana di ricordi e dalla chiacchiera improbabile ed erudita del mio alterego maschile che mi ha messa di fronte a me stessa in dieci secondi senza nemmeno l’ausilio di uno specchio.
Un abbraccio, una mano sul fianco, un grattino e il mio sorriso. Le ha dette tutte, senza quasi parlare.
Coi bei peccati succede sempre.
Mi metterò un filo di rossetto sulle labbra e assaggerò del cioccolato domattina prima di uscire, con tanta farina del mio sacco nella testa e tutta questa sensualità latina nel sangue, e affronterò la nuova giornata, masticando poco a poco il giorno che viene e il sogno di un futuro pieno.
… non so se “dovevo” leggere … di sicuro me lo sentivo … sei grande e, ti assicuro, non scrivi solo per te …