Da leggere ascoltando la canzone che dà il titolo alla Supernova (Awake, Josh Groban).
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Otto aprile duemiladodici, Pasqua.
Scattata proprio oggi, e oggi non è strano che sia il giorno della luce.
C’è vento, vento forte, che spazza l’anima e accarezza la pelle.
La luce è bianca, le farfalle volano e gli alberi scuotono vorticosamente le chiome.
Laggiù, eccolo, ancora quasi spoglio, l’albero della vita nel giorno della luce.
Qui vicine, dritte davanti a me, bacche viola, foglie gialle e germogli. Risvegli.
Davanti a me, negli occhi e nel tempo, colori e occasioni, in primo e in secondo piano, e il moto elettrico e perfettamente ordinato della vita che si ripresenta, esigente, a dire: Rinasci! Svegliati!
Le nuvole, nel cielo, che vanno e vengono, come nella canzone di De Andrè.
I nodi, i grovigli, il miraggio, le curve a gomito, gli strattoni improvvisi, il climax ascendente e quello discendente che si alternano in sinusoide dentro la testa e nei colori di questa immagine.
E la benedetta speranza che finalmente abbiamo tirato fuori dal vaso di Pandora.
L’intensità violenta di un attimo, che ci son voluti otto scatti per catturarlo e non basterebbero mille parole per spiegarlo.
Una voce calda all’altro capo del telefono, così lontana e così vicina, che fa sospirare e rallentare il tempo e accelerare il battito.
Un amico, speciale, scoperto per caso nei passi della vita, svelti, sia i miei sia i suoi, anche se in modo così diverso.
Mio padre, prossimo, davvero.
Pasqua, sì.
E noi che possiamo davvero rinascere, in un panorama così.
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L’immagine, nella sua immensa ed inspiegabile magia è sempre qui. Ma voi cliccateci sopra.