Vai al contenuto

venti uno duemiladodici

Sembra palindromo, ma non è. Forse è un po’ magico, però.

Musica, parecchia.

Attesa, lunga.

Alice, coi suoi occhiali neri, ha anche l’ansia, non sa perchè; An, che ancora non si è cambiata, non può far niente e il veterinario ligure al telefono non cura, manca.

Il prosecco gioioso, invece, sì.

Al giardino delle fate arriva il secondo paio di occhiali, che studia tutta la casa con sorriso e perizia e abbraccia forte forte e sorride.

Sigaretta sulla loggia, a guardare il cielo nero e le gru e il vialetto stregato.

“Via con me” di Paolo Conte, e arriva anche il terzo paio di occhiali. Rossi, stavolta.

Carpenè Malvolti coi mandarini e puntarelle alla romana, che quasi se le dimenticavano, Lorenz e Lo’, Annie e Ali.

Una gita a Ground Zero, l’altro luogo della ricostruzione, il gatto si dimena per la casa e l’aperitivo rischia di finire nella sala da ballo che è il bagno di Alice.

Al piano di sopra, intanto, la musica continua, e non si sa com’è, che prima di mangiare comincia una lezione di tango. Il tango è un abbraccio e una camminata, diceva sempre il mio maestro. Allora si cammina, tra il divano, il tavolo e la finestra.

Posizione di ballo, inclinazione milonguera, e la contrapposizione, che è la chiave di tutto. Già, la contrapposizione.

“Prendimi il peso, fai il balance”. Meraviglioso, l’uomo che ti tiene tra le braccia e ti prende il peso. Alice brilla della felicità nascosta che le dà la musica argentina, quella classica. Annie brilla e basta, perchè lei è il faro. E il faro, stasera, è più luminoso del solito.

La conversazione luccica tra i bicchieri ormai vuoti, la polenta è pronta nella pentola da specialista, il brasato inonda la stanza di un caldo profumo speziato.

C’è da stappare una bottiglia speciale. Non importa da dove viene e perchè, ma è davvero speciale. Il Boca, Rosso delle Donne, piemontese di nome, rugginoso di colore, leggero nei bicchieri, intenso sul palato.

Stranamente, anche Annie mangia stasera, anche se è lei che ha cucinato tutto questo ben di dio. Due chili di brasato e il primo vola via dalla tavola senza neanche farsi notare.

Paul Anka ricanta Jump dei Van Halen, e lo swing travolge. Lorenz fa Fred Astaire, schiocca le dita e vola sul pavimento, Annie sorride, svolazza, non ha la vocina. Forse si son baciati, forse no. Gli altri due non han capito, ma se la ridono leggeri, e fumano un’altra sigaretta sulla loggia.

Prima del dolce e del secondo giro della playlist, una variante isterica fa sfoderare della disco music, come se davvero stesse suonando Elio, “coi pantaloni scampanati danzerò balletti degni del migliore John Travolta…”

Alice finisce inspiegabilmente in piedi sulla penisola a dimenarsi come una vera deficiente di ispirazione cubista, ma il tasso alcolico è alto e lei soffre di vertigini. Nel frattempo, il Boca ha lasciato il posto al Sassella, la musica prosegue incessante, e si spazia dallo swing alla bachata.

Lo’ e Annie salsano su Marc Anthony, lui forse non sa bene cosa fare, ma lei sorride così tanto e ride, che resisterle è impossibile. Alice e Lorenz fumano le penultime sigarette e ragionano della praticabilità del tango in settimana, di come coniugare la pallanuoto con una possibile practica, della supposta rigidità di lui che invece ha il sangue del ballerino (secondo Alice).

Di nuovo a tavola, formaggi sardi e marmellate speciali. Alice le annusa tutte e rompe l’anima suggerendo improbabili abbinamenti, Lo’ le dà retta, bravo lui, e così scopre del naso e del palato da Ratatouille con cui ha cenato tutta la sera senza averne la più pallida idea. E il Sauternes va giù come fosse succo di frutta.

Musica, abbracci, qualcuno balla. Di fondo suona Dave Brubeck, di nuovo. Prima “Take five” e poi “Take the A train”. La metropolitana fredda e veloce di Ney York.

La luce è bassa, gli abbracci intensi, il dessert esce dal forno quasi come un miracolo. Mele, cannella e vaniglia nelle coppette, calore, essenza, intensità. Ci sono baci in giro per la stanza, nella luce bassa, Annie spalanca il divano blu per dare spazio a tutta questa umanità, poi si abbarbica sulla penisola e si stringe con le gambe attorno ad uno splendido sconosciuto, o forse no, non così sconosciuto.

Alice plana sul divano, a godere con emozione alcolica ed egoista di coccole calde e dolcissime e gratuite, non si riesce a giocare a Taboo, non c’è l’atmosfera, non c’è l’intenzione.

Buio, baci, parole, sussurri, sambuca, crema al whisky. Dov’è l’acqua? Boh. La differenza tra me e te. Tu come stai? Bene. Io come sto? Boh.

Come nella scena di un film, Alice vede un vago salire dalle scale. Ma non ci vede nitidamente. Com’è successo che si è levata gli occhiali? E le calze? E i pensieri?

Boh.

Già, boh.

Ultima sigaretta nel gelo della loggia, cinque di mattina, buio pesto.

Una cucina da riordinare, una tovaglia da scrollare, occhiali persi con le chiavi e i cd, due presenze e due assenze.

Un messaggio prima di dormire, la serratura del cancello che si apre alle nove e mezza di mattina.

Annie scende con la faccia assonnata e lieta a bere il caffè. Alice si scuote dal torpore e prepara la colazione.

La notte è stata bella, forte, intensa, semplice e vera.

Che belle certe cene, certe notti, a Melrose Place.

5 commenti su “venti uno duemiladodici”

  1. …immensa alice…
    sentirsi vivi…
    per un minuto..
    o di più..
    per una sera intera..
    sentirsi vivi con gli altri..
    sentirsi vivi tra i vivi…
    cosi raro..
    cosi intenso..
    cosi semplice..
    esserci
    essere
    essere se stessi…non esser come tutti..infatti
    se tutti …fosse qualcuno…
    nessuno sarebbero molti…
    e infatti..
    quanti nessuno ci sono!
    noi no…
    quei 4 no!
    gusto passione e piacere..
    fusione…unione..
    😛

  2. Non mi ero accorto di aver baciato una ninja. Sei stata veramente brava a stenografare di nascosto durante la serata. Altrimenti questa precisione chirurgica nel racconto non sarebbe stata possibile: io mi stavo riannebbiando alla sola rilettura dei vini. “E il Sauternes va giù come fosse succo di frutta” è la stessa cosa che ho pensato bevendolo. Clap clap. Ricordati di noi quando guadagnerai la copertina del TIME e userai il Boca solo per cucinare 🙂

  3. il faro non sa scrivere ma brilla, illumina,
    il faro prepara con passione la cena, cura i dettagli,
    il faro vive, si sente a suo agio, con tutti, con se stessa.
    il faro sente la musica a modo suo e balla libera
    … che meraviglia, serata incredibile!
    grazie a Chi e agli splendidi svitati tangoprincipianti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *