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Tutti gli uomini della stampante

*** the soundtrack***

Rumorosa la trattoria Nebraska all’ora di pranzo, piena di camionisti panzoni con la maglietta sporca di sugo, ma si mangia bene, almeno, così dice Carlo.

La cameriera grassa e feroce, in equilibrio sbilenco sui tacchi bassi da maestra di ballo sgraziata e con cinque piatti succulenti in mano, si avvicina pericolosamente al tavolo animato dove quattro commensali affamati scalpitano, nutrendosi nel frattempo a grissini, birra e vino rosso della casa scaraffato.

Giuseppe, il quinto commensale, arriva trafelato col suo pile grigio e stinto da finto orsetto del cuore e si siede a capotavola, accampando banali scuse su un’ipotetica necessità di cambiare ‘la bambina’ prima di uscire di casa, col suo greve accento siciliano.

“Ma cosa ci facevi a casa, se dovevi essere in banca?” chiede Luca, occhi piccoli, pelle bruciata dall’ultima lampada e sguardo furbo e tagliente.

“Sono dovuto passare per forza da casa perchè mia moglie doveva stirare e c’era da cambiare la bambina” ribatte Giuseppe, poco convinto.

“Ma sì, lo sappiamo tutti che non lavori mai” commenta Carlo, ridendo, con quella faccia innocente e l’espressione da pesce lesso che lo contraddistingue. “E poi sei un pirla perchè se, anzichè andartene in giro, fossi passato in ufficio, stamattina, avresti visto anche tu la socia del capo che faceva le scale. Ce l’ha presente, quella lì, che ogni volta che si mette la gonna io non capisco più un cazzo?”

Carlo è uno così, che mangia pasta al sugo col tovagliolo appeso al collo, greve come un masso di granito sprofondato in una pozzanghera, semplice come l’acqua, genuino come una zucchina appena colta dall’orto del nonno. Sarebbe anche un bell’uomo, se non avesse quell’espressione sempre stampata in faccia di inconsapevole stolidità.

Ride, terribilmente divertito da se stesso, pensando neanche troppo sommesso a quella minigonna che svolazzava birichina sulle scale. Ride e scambia sguardi d’intesa con Luca, che però sembra non cogliere. O meglio, non condivide esattamente la sensazione. “Quella lì è una fighetta, e uno come te non si può sognare di conoscerla neanche su Facebook, una così”. *Invece io ci lavoro tutti i giorni, con la fighetta* pensa tra sè e sè.

All’altro capo del tavolo, sornione, anche Lorenzo pensa la stessa cosa. Con più rispetto, però. *La socia del capo è una dritta, non è solo una con la minigonna* pensa, e sorride, lui che ci lavora assieme tutti i giorni. *Pure lui.*

Giovanni ride, come uno scemo. Giovanni, detto ‘Scintilla Joe’, è il più giovane al tavolo. Un post-adolescente in piena esplosione ormonale, con uno sguardo di eterna sciocca sorpresa stampato in faccia, la cresta piena di gel cucita sul cranio, le mani ricche di anelli d’argento e la felpa della squadra del cuore. Ma con la q.

Ride come uno scemo e mentre gli cade il cibo dalla forchetta commenta: “Carlo, mi sembra che tu avessi ben altro a cui pensare stamattina, che alla socia del capo, eh?”. Sguardo complice al Carlo, che ride anche lui.

“Cazzo avete da ridere??” chiede Luca. Luca è uno intelligente e curioso, troppo sgamato per farsi sorprendere a guardare una donna sul lavoro, apparentemente così serio da sembrare addirittura timido, il dongiovanni.

“Ah ah, stamattina Carlo ha fatto il suo solito numero alla Rinascente”, risponde Scintilla, con gli occhi che baluginano improvvisamete di luce furba.

Lorenzo alza la testa dalla sua focaccia bianca con la mozzarella di bufala e il crudo, guarda Carlo con disappunto e curiosità e di nuovo lo interpella dubbioso: “Cos’avresti combinato stavolta?”.

“No, niente… niente” chiosa il buon Carlo, dileggiandosi, ” eheh … niente… Solo che c’erano tutte quelle commesse no? Tutte in tiro con le gonne nere e le camicie infilate dentro, con quelle facce stitiche che sembra che ce l’hanno solo loro e io mi stavo annoiando. Allora quando ho finito di installare la stampante sono andato da quella che sembrava la capa…”

Improvvisamente incuriosito dalla conversazione, Giuseppe solleva lo sguardo dalle maniche del suo pile e domanda “E come facevi a sapere che era la capa?”.

“No, è che… c’aveva la faccia da stronza. E allora ho pensato che era la capa e sono andato da lei per farmi firmare il foglio… come si chiama… il rapportino insomma”.

“Non è che tutti i capi sono stronzi” ribadisce Lorenzo, con quell’aria da bravissimo ragazzo stampata in faccia, lui che è positivo, innocente e possibilista. Innocente? Mah, almeno così appare.

“Sì ma quella lì aveva proprio la faccia della capa. Comunque, sono andato lì da lei ehehe, col foglio, insomma e GLI ho detto: me lo firmi? Lei mi ha guardato con la faccia storta, come se avevo detto una cosa sbagliata e poi si è messa a frugare dietro la scrivania. Mentre che cercava una penna ho visto che dietro di lei c’era un palo, uno di quelli che portano i cavi e allora le ho detto: ci fate la lapdance, voi della Rinascente, con quei cosi?”

Il momento di silenzio che segue è imbarazzante, interrotto solo dal vociare dei loschi avventori della locanda e da uno scroscio di piatti rovesciati nel lavandino. Luca e Lorenzo si guardano, perplessi e vagamente preoccupati: La Rinascente è un cliente prezioso e importante, non un night club. Giovanni ride come un cretino e si rovescia un goccio di salsa tonnata addosso. L’unico che parla, incessante e inadeguato, è Giuseppe: “E lei che ha detto?”

“Ah ah” ridacchia Carlo, stordito da se stesso ” mi ha detto: noi non la facciamo la lapdance, QUI”. E in quel qui, che risuona in un agghiacciante e superiore stampatello maiuscolo fonetico, c’è tutto il senso di una commessa ricca e frustrata che guarda con sdegno l’Uomo della stampante e lo denigra, lui che è un uno da night club e da donne di basso borgo.

Ma Carlo non lo ha capito, il senso. E se la ride, di gusto, pensando a tutte quelle donne scontente e rattrappite, che servono i clienti come fossero déi, e nessuno che dà loro la pur minima attenzione.

Lorenzo abbassa gli occhi, lui che è il guru della stampante, il teorico della manuale, quello che risolverebbe ogni problema se solo li potesse guidare, pensando alla figura pietosa che ha fatto la società, in quella sede.

Giuseppe sogghigna, mentitore cretese, e commenta “Già che c’eri potevi invitarla ad una serata in Svizzera, una di quelle che facciamo con Tacchini… quando noi usciamo e te non vieni perchè stai con la tua donna”. Giuseppe è un tecnico da poco, uno che fa il tre per cento di quello che deve, con quella giusta sufficienza che gli permette di continuare a lavorare. Più o meno.

“Non parlare così della MIA donna” si risente vagamente Carlo. Ma in fondo gli viene anche un po’ da ridere.

Luca, col suo sguardo acuto e sottile, stempera l’aria perchè non c’è molto altro da fare: “Beh, ma come è finita?”

“Eh eh” risponde Carlo, tracannando l’ultimo sorso di rosso, “mi sono fatto firmare il rapportino e me ne sono andato senza spiegargli niente, a quella stronza”.

“Come, e il training?” chiede Lorenzo, allibito.

“Il trei che?”

“Il training: le spiegazioni su come si usa la stampante multifunzione, genio”. *Ma come fa a non capire le parole del gergo tecnico, ‘sto qua?*

“Ah beh, sono così rinsecchite e saccenti, sapranno come fare, no?”

*Ahia, non avevano detto che questo era l’ultimo bonus che ci potevamo giocare?* pensa Luca tra sè e sè, che è il responsabile di questo ciclo di installazioni ed è quello che si becca i tanti reclami e le poche lodi.

Rassegnato, guarda il Carlo dritto negli occhi e, mentre Lorenzo ordina impotente i caffè, gli domanda per finire: “Ma almeno hai stampato la pagina di configurazione e salvato i dati della macchina che hai installato? Ce l’hai il seriale e i parametri dell’indirizzamento IP?”

“No, Luca, mi sono dimenticato, però il seriale me lo sono segnato”. Silenzio.

A quel punto il vecchio caro Carlo tira fuori un volantino pubblicitario che ha raccattato dietro la cassa, lo srotola dall’accartocciamento della tasca sinistra del retro dei jeans e dice: “Ti faccio lo… come si chiama… lo … lo spelling”

Scintilla continua a ridere, lui che di stampanti non sa niente ma continua ad eseguire ordini, come un piccolo robot malprogrammato.

Ecco…

“C come cazzo, F come come finocchio, 3 come i film che ho visto ieri sera…”

La cameriera grassa passa inosservata servendo il caffè, i camionisti intorno imprecano concretamente parlando dello sciopero dei benzinai, dalla cucina sale puzza di unto e pesce cucinato, e un piatto si rompe, mentre un garzone avventato lo ripone disattento in lavastoviglie…

Se avete una stampante rotta, chiamate la nostra assistenza, di sicuro, sapremo come sorprendervi.

2 commenti su “Tutti gli uomini della stampante”

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