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il peso della valigia

dall’ultimo album del vecchio caro Liga, il titolo di questo post

fa freddo qui, anche se in mansarda ci sono ventitre gradi e fuori diciassette.

fa freddo e non mi viene tanto di sorridere, anche se dicono che ci sono nata, col sorriso.

ci sono certe volte che viene tutto su come il vomito quando sei troppo sbronzo per dormire. l’emozione si propone affollata in gola e vuole uscire e sgorgare disgustosa intorno.

ci sono certe volte che il tempo non ha senso nè direzione, non scorre. sta fermo. sembra che le ore non passino e ti trovi all’una di notte e non hai mangiato e non sai com’è successo.

ci sono certe volte che dire: ‘eccomi, anche io sono una donna separata’ non vuol più dire che sono la gran figa che dimostra cinque anni di meno e cammina sulle nuvole col suo splendido sorriso, finalmente libera. vuol dire che tutti i sogni che mi hanno inculcato si sono infranti. vuol dire che devo ritrovare ogni giorno l’energia dentro di me. vuol dire che ho dovuto ricominciare da zero, come a farmi ricrescere i capelli.

e lo zero è così vicino che tornare indietro è molto più facile che andare avanti.

molto più facile.

tornano su le vecchie foto, quelle che le guardi e dici: cazzo, come ero giovane.

tornano su i ricordi di quella inutile e spensierata felicità che pensavi perenne ed è durata solo qualche mese. torna su l’eco pesante e ineluttabile della sconfitta, dell’errore, della fine.

viene su il sesso brutto, quello che vorresti cancellare perchè c’era senza che ce ne fosse motivo. però ce n’era bisogno. vengon su le lacrime nascoste la notte, e i giorni buttati a riempire il tempo facendo cose per non pensare. viene su che a Parigi non ci siamo mai andati, ma ci sarebbe piaciuto andarci (ciascuno con qualcun altro).

vengon su i silenzi. le bugie che avrei potuto dirti e non ti ho detto. le richieste che ti ho fatto troppo tardi.

viene su che, adesso, chi si fida più?

chi cammina con leggerezza, col peso dell’indissolubilità che ti schiaccia la schiena?

chi ama di nuovo, sapendo che può finire tutto così anche se ci credevi così forte da sposarti due volte?

io.

io amo di nuovo.

e ho paura di sbagliare, di fallire, di tradire.

ma cazzo, ce la faccio. leggo la mazzantini (e vomito), ascolto jovanotti (e mi nascondo la testa tra le mani), piango come un vitello e fanculo, in qualche modo, io ce la faccio.

alla faccia di chi ha tarpato i miei sogni, represso le mie aspirazioni, razionato l’aria che volevo respirare, io ieri nuotavo. nuotavo lunga, bella, veloce. nuotavo, respiravo. e pensavo che sono diversa da come tutti mi volevate.

sono una scrittrice. amo un pazzo furioso che non sa l’alfabeto greco ma trova sempre la strada, di notte. ho due tatuaggi, metto minigonne indecenti e bevo come un unno. sono così bella che talora, quando passo, qualcuno tace.

mi riconosci? ho le scarpe piene di sassi, la faccia piena di schiaffi, il cuore pieno di battiti… e il peso della valigia.

5 commenti su “il peso della valigia”

  1. Tu sei cosi come ti descrivi e forse oggi l’hai vista anche tu quella spelndida donna che sei!

    Hai intrapreso la tua strada, ci sono delle buche, delle curve, ma va dove ti porta il cuore, devi solo proseguire!

    un bacio
    Doc. Strangelove

  2. Se vengono su tutte queste cose che ti rendevano triste, allora adesso dovresti essere felice per essere riuscita a lasciarle indietro, non triste perchè sono successe.
    E poi se posso permettermi, a volte, magari, non pensare agli altri,ma “lathe biosas” (anche se non serve saper il greco per saper amare).

    Comunque bel pezzo, più sintetico,ma non meno espressivo.

    1. Pezzo vecchio, amico mio, eppure terribilmente attuale, tranne il pazzo furioso che non sa l’alfabeto greco.
      E hai ragione tu, che non serve saperlo, il greco, per saper amare.
      TVB.

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