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Trentadue capoversi

su One note samba

Per il suo compleanno, Alice vorrebbe tante rose quanti gli anni che compie e un girasole per quello che inizia. Alice ama i fiori, riceverli, non coglierli, fotografarli. Ad Alice, oggi, regalo righe anziché rose, fiorite tra l’incenso che fuma e una luce arancione.

Se penso a lei, penso alla musica. A tutto volume, a squarciagola, la testa che ondeggia mentre lavora al portatile, la distrazione improvvisa negli occhi quando parte una vecchia canzone. Quella strana capacità di indovinare le melodie dopo due note, dovunque. Alice la sente, la musica, e se le chiedi di ricordarsi un momento, un viso, una persona, lei ti regalerà un’immagine in cui di sottofondo, da qualche parte, suona una canzone.

Presa dalla melodia, cerca, nella vita, le affinità elettive: dissemina di segnali minimi la strada che fa, per vedere se qualcuno li coglie, come gli spiriti affini di “Anna dai capelli rossi”, che sentono come senti tu, e delle volte non c’è neanche bisogno di parlare. Non so se ci sia, da qualche parte, uno spirito affine; lei però ci crede, e questo è già abbastanza.

Di più, vi dirò, quando crede con forza ad una cosa, difficile distoglierla. Crede, con una speranza incrollabile e una fiducia coriacea nelle persone e nel bene. Un atteggiamento positivo o infantile? Non so. Ma so che Alice combatte per quel che “vale la pena”.

E, proprio per questo, di lei dicono in molti che è un guerriero. Una giovane padawan impulsiva, reattiva, fulminea, che lotta con strenua energia di cui fatichi a cogliere l’origine.

Talora il lato oscuro prende il sopravvento, e allora si vede esplodere la collera, la giugulare gonfia, la voce così urlata che è finita, la parola come scure che impietosa colpisce e devasta. Poi la disperazione improvvisa, la subitanea consapevolezza del male, il senso di colpa, il pianto che, violento, prima la scuote e poi la libera.

Alice è collerica, e se ciò non bastasse è anche lunatica. E catastrofista. C’è chi dice: meglio non farla arrabbiare. C’è chi pensa: tanto come la faccio la sbaglio. Ora sorride giuliva perché ha ricevuto una mail da un’amica del passato, e tra dieci minuti rischi di trovarla abbracciata alle sue ginocchia, seduta sul pavimento freddo del bagno, perché ha seguito un pensiero che l’ha portata dalla sua vecchia amica al tradimento, passando per un amore, un equivoco, una lite. E adesso è lì che tira il milionesimo bilancio di una vita (pur breve) e vede tutto nero.

In tutto questo parlar di lei, che legge il mondo a zeri e uno, bianchi e neri, e nessuna, dico nessuna, matura, interpretazione grigio fumo di Londra, mi son dimenticata di dirvi che Alice ha i capelli corti, così corti che si accarezza la nuca come se fosse la schiena di un gatto. E ogni volta che li taglia, pensa che vuol tagliarli un po’ di più, per vedere dove si può arrivare. Il viso, nudo, dice chi sei?

Alice ha gli occhi castani, piccoli e a mandorla, che quando ha sonno più che asiatica sembra proprio cinese, il naso alla francese, le labbra carnose, la pelle bianca. Bianca e bella. Una “faccia da manga” con un trilione di espressioni base e nessun controllo. Se le dici una cosa, e poi la guardi bene, probabilmente capisci anche cosa pensa. Anche se lei è più veloce di te.

E ve lo garantisco, Alice è una davvero veloce.

Veloce e dispettosa, birichina, vivace e maliziosa. Come il suo gatto. Alice va matta per i gatti, forse perché in loro, in qualche modo, ritrova il felino che ha dentro.

Un po’, c’è da dire, Alice è un maschiaccio. Priva di molte noiose sofisticatezze femminili, è talora triviale e spesso scurrile, con precisa intenzione di esserlo, proprio come un uomo.

E, come molti uomini, ama guidare, tirar tardi la notte e bere buon vino. Uno splendido animale notturno con una passione violenta per l’Aglianico del Taurasi, il Malbec (e il tango) argentino.

Tanto che se ci riesce, un giorno, aprirà un locale dove si possa stare, bere buon vino, conversare, leggere, ascoltando buona musica. Un’enolibreria, per pochi intenditori e molti amici.

Nel frattempo, cerca di capire cosa vuole fare da grande, ancora indecisa per preferisce la letteratura o la matematica.

Alice pensa di essere bella, ma non è convinta. Forse vorrebbe, ma quando si guarda non sempre si trova. Alta, magra, qualche curva. Non troppo alta, non perfettamente magra, e le curve non tutte al posto giusto. E così, succede che dipende dai giorni, se è bella o no, se è magra o no, se sorride o no.

E questo ci dice anche che la mia amichetta non è molto indipendente. Da fuori si vede la “donna” della canzone di Vecchioni, la signorina rambo, ferma, determinata, rigorosa fino alla noia. Peccato che sia anche terribilmente autocritica. Così che, alla fine della sua “immaculate collection” di sensi di colpa, scopri una bambina insicura, cui basta che dicano che non sta bene vestita così per cambiare umore e chiedersi quanto sia brutta e grassa da 1 a 10.

Già, grassa. Perché Alice porta la 40 però non è “leggera”. Per lei leggero vuol dire facile, tranquillo, irresponsabile, debole. E lei davvero vorrebbe, ma proprio non riesce, a lasciarsi andare. Pesa come un canarino ma si sente un bisonte.

Qualche volta le è successo, ballando, di sentirsi leggera. Di sentirsi protetta, guidata, avvolta. Di essere leggera, perché c’è questo misterioso sconosciuto che le marca la strada, le tiene la schiena, la guida attraverso l’energia ancestrale della danza. Ma solo qualche volta, e solo con qualche ballerino. Ed è difficile rischiare, adesso, di provare a ballare un tango con uno straniero e sentirsi un bufalo imbizzarrito anziché una libellula.

E quindi, in sala, rimane lì seduta, aspettando esitante che qualcuno la inviti. Anche se conosce tutti. Figuriamoci quando non conosce nessuno. Perché, non si direbbe, ma Alice è timida.

Si, è vero, è estroversa e chiacchierona, ma se deve dire una cosa importante o parlare di sé, le si rompe la voce in gola e le parole di colpo si mescolano tra di loro e turbinano confuse nella testa, ma proprio non vogliono uscire.

E allora che fa? Scrive. Alice pensa. Alice scrive. Riuscisse a scrivere tutto quello che pensa. Alice pensa, spera, annusa, tocca, assaggia, ricorda, poi scrive. E cerca di rovesciare quello che sente nelle parole, anche se non sempre le dita vanno veloci come la testa. Anche se non sempre chi legge capisce.

Una volta, tanto tempo fa, avrebbe voluto scrivere solo con la stilografica sulla carta di riso. Ora, da brava cittadina del web 2.0, scrive con la tastiera del suo portatile, tratteggia emozioni dentro email piene di parole, scolpisce stati d’animo su Facebook, in qualche modo mette in rete (e in circolo) il suo amore.

Forse anche perché, col passare degli anni, Alice si è innamorata della tecnologia. Complice una passione per Asimov e il Ciclo della Fondazione?

In effetti, ha sempre letto molto. Moltissimo. I libri sono i suoi amici. I libri fanno compagnia. I libri sono un viaggio ogni volta nuovo. Difficile trovare un regalo che lei gradisca di più.

E questo mi porta a dire, anche se lo sappiamo tutti, che Alice è intelligente! Dicono che sia molto intelligente. Io questo non lo so. So che è brillante, svelta e che capisce a fondo, so che è divertente parlare con lei.

Ecco, in effetti, è curiosa, le piace studiare, le piace pensare. Per questo, un’altra cosa che posso dirvi è che è competente. E questo, nonostante la timidezza e il viso da bimba, la rende autorevole, almeno in certi contesti.

Quel che lascia perplessi è che Alice è autorevole, ma è anche paurosa. Sarebbe a volte incerta e tremante, se riuscisse a darsi il permesso di avere paura, lei che si è data il compito di essere forte, perché da sempre c’è qualcuno di debole da proteggere. Se non sei leggera non ti puoi appoggiare, e se non hai paura puoi difendere gli altri.

Alice ha molte paure e non sa come fare ad affrontarle. La strada è quella della consapevolezza, della presenze mentale, della centratura sul Ki. La strada è più difficile del previsto, perché anche se lei ha “le mani calde” e una sensibilità profonda, non riesce a rilassarsi, figuriamoci a meditare. Non riesce a stare ferma, con sé, non con la testa, non con il corpo.

E allora, che fa? Cammina. Cerca il contatto profondo con mezzi più semplici della sua mente ondivaga e frattale. Alice cammina per la strada come Sally, e cerca nel silenzio e nel contatto col suolo di imparare a stare qui ed ora.

E per questa stessa ragione, quando prova un’emozione forte o quando deve stare concentrata, Alice sta seduta per terra.

In questi giorni, mi capita spesso di trovarla che siede, sola, al suolo e pensa. Oppure passeggia lentamente. Tace e, qualche volta, piano, sorride.

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