Divertente star qui, con l’aria dell’artista. Li vedi, questi personaggi toscani, che sembrano usciti loro da un libro, non io, che mi guardano straniti, di sottecchi, come se fossi matta.
Vedi, fossi Jane Austen o Virginia Woolf, nessuno mi penserebbe folle, viaggiatrice solitaria, che beve Morellino a tavola da sola,
(e solo io che conosco il fatto che non si tratta solo di un libro, un telefono, un quaderno nero).
E sono a mio agio.
Anche divertita. Molto divertita.
forse hai ragione: le paura è una grande alleata. Eppure, quando la superi, o lei si lascia vincere, che importa, quando ti lascia provare, cielo che ebbrezza, che emozione, che libertà.
ormai sul mio viso si è dipinto il mezzo sorriso del meditatore. E non è per il vino. È per la scena. Questa scena.
I camerieri, tutti, strascinano i piedi con un passo che non è rilassato ma è come calmo, forse arreso, o forse, più ragionevolmente, consapevole del fatto che correre, adesso, non ci porterebbe in nessun dove.
Parlano, tutti, con voce bassa e profonda, ma l’accento li tradisce: inequivocabili consonanti sorde, aspirate, musicali, diresti comiche, ma forse è colpa di Benigni e Panariello… o forse è colpa di questa terra ricca e semplice, bella da togliere il fiato anche quando la vista, in sé, è ordinaria.
Mi guardano. Passano leggermente lontani, e mi guardano. Che sarà mai, ‘sta ragazzetta da sola, coi capelli cortissimi e niente trucco, un libro, un telefono, un quaderno nero?
Il telefono non suona. Ma lei “ci scrive uguale”. Sarà silenzioso o sarà lei che è matta?
Fanno finta di niente e mi guardano. E io ne sono molto divertita perché, per una volta, mi sento interessante.
Di fronte a me, a dieci metri, una famigliola versione duemilanove. La festeggiata, saranno 67 anni, che non ha spento la candelina perché era un fuoco d’artificio da tavola. Il marito, due coetanei o forse due figli grandi. Alla sinistra di lei, la figlia, canottiera nera, capello rasato, tra dark e skin, non saprei dire. “Oh mamma! Auguri!” e quattro sigarette in dieci minuti. Forse è un uomo? O forse è la Selvaggia del Ciclone di Pieraccioni, entità e stranezza sociale, perfettamente integrata in una società che ha un accento caratterizzante, un dialetto fatto lingua e il progresso dentro le viscere?
È arrivato un gatto rosso. Lungo e magro, come Chopin. Forse aveva fame, ma che gli davo, gli avanzi del radicchio? Ci siamo fatti delle gran carezze, è andato via. Butto un occhio qui sotto, per vedere se per sbaglio lo trovo, appallottolato, nella mia borsa grande. Ho scoperto che si chiama Toni. Con orecchie piccole e basse, musetto affettuoso e rilassato. Un gatto, rosso, toscano. Il mio commensale.
Filetto di manzo in crosta di pane ed erbe aromatiche, radicchio alla griglia, una mezza bottiglia di Morellino di Scansano. Finita. Sigh. Crostino di sfoglia, frutti di bosco e crema pasticcera, tiepida.
Fuori, la notte. Il cielo è nero. Ci vedo Sirio. Se ci sono altre stelle, ve lo dico più tardi. Friniscono dei grilli (ammesso che io sia in grado di riconoscerli, i grilli).
C’è una brezza leggera. La notte è nera. Sarebbe buia, se non fosse per qualche lampione lanterna laggiù.
Ogni giorno potrò tornare. Spero, ogni giorno, di desiderare di restare. Con me. Che non è poi così male.
o Virginia Woolf
o Emily Dickinson
avessero scritto su un quaderno cenando da sola in un ristorante,
avrebbe capito e saputo? O avrebbe pensato che la turista inglese, di default, è una un po’ strana?
Toni è proprio un prezzemolo 🙂
e tu sei incantovole, è splendido leggere le immagini che racconti.
Grazie turista inglese e grazie quaderno nero