Il vestitino nero era troppo bello, sì, ma sono contenta di averlo messo. Perché deve finire questa storia che quando sono giù peggioro le mie condizioni. Azione, reazione. Reazione all’indolenza della paura, facendo le cose piano ma facendole. Reazione alla tristezza e alla malinconia, intorno a me soltanto luce. E quindi trucco e gonna corta anche se siedo a tavola con due uomini che passano il tempo a commentare le donne che passano. Uscire dalla simbiosi credo che voglia dire anche smettere di aver bisogno di essere sempre al centro. Solo perché non riesco ad esserlo io per me.
La serata è stata carina. Niente di speciale a cena, ma la vita nella città di notte d’estate è impressionante. Persone, persone, persone. Brutti, belli, grassi e bassi, strafighe, gente vestita male, gente in supertiro, pariolini e rasta man, poveri, ricchi, tristi, gai, in questo fiume di persone che si sposta senza meta sotto questo cielo nero di stelle, la luna a tre quarti, bianca e lontana, il Tevere che scorre pieno di luci.
Un locale bellissimo, come sarà il mio locale, chic ed elegante ma non freddo, con una lista di alcolici di eccezionale livello, che ci ricorda quella sera a bere Ron Zacapa 23.
Ieri mi sono svegliata malinconica, di nuovo, con l’angoscia addosso, l’incertezza di vivere. E mi sono imposta di reagire. Ma piano. Niente colpo di reni. Se non mi viene, è inutile che io ci provi, spreco solo energia.
Mi sono messa un costume e un vestitino, e sono andata in giro per il centro di Roma come una turista che sta per andare al mare. E mi sono divertita. Ho raggiunto i ragazzi a Castel Sant’Angelo e siamo andati al Lido di Ostia. Ma quanto tempo era che non stavo un po’ al mare? Sole, sole , sole… la mia gatta interiore era felicissima. Musica nelle orecchie, puzzle per passare un’oretta, e stesa al sole come una lucertola a guardare questo cielo eternamente blu, con Apollo disteso vicino che chissà cosa sta pensando.
È stato bello fare il bagno, perché è stato naturale andare a nuotare un po’ al largo. Quanti anni sono che non nuotavo nel mare? E perché? Perché da sola ho paura di avere paura, e quindi nel dubbio non ci vado. Ma non ho dovuto riflettere sul fatto che mi sentivo sicura. L’ho fatto e basta. Ho nuotato. A lungo.
Di nuovo, ancora, malinconia altalenante. E vacillo e penso di chiamare a casa. Poi chiamo e non so cosa dire. E la tristezza mi invade. Profonda. Come un lago scuro e freddo. Un Dissenatore. Entra dentro di me, nelle ossa, nelle viscere. Mi fa scendere delle lacrime grosse dagli occhi anche se non vorrei. Reagire, reagire, devo reagire. Sono a Roma. Una domenica d’agosto. Sono le sei e mezza. Mi metto i jeans. Nooooo!Mi metto la minigonna e la canottierina. Che sono proprio figa. Com’ero bella oggi in costume? La prima volta nella mia vita che penso una cosa simile. E allora perché dovrei vestirmi da bimbetta sperduta stasera? Minigonna e infradito, trucco e via… vado a vedere i fori imperiali al tramonto.
La serata è solo una serata, come tante altre. Ma gli ultimi dieci minuti, da un belvedere non so dove che si chiama Lo Zodiaco, a guardare il cielo di Roma di notte, sono indimenticabili.
Le costellazioni sono in cielo e in terra. Una distesa di luce, e palazzi bianchi, e la curva nera del Tevere sotto di noi. Un muretto per appoggiarsi. Tutta la vita davanti. Tutta le bellezza della notte luminosa. Si poteva restare in silenzio ore, lì. A guardare la vita.
Non ho dormito. Ho l’ansia addosso. L’angoscia violenta della mia solitudine. Non so dove andare. No so che fare. Il punto sono io. E quanto tempo ci metterò a imparare a vivere con me. A ricomporre le mie fratture interiori e recuperare i miei pezzi sparsi. Intanto, vado su questo treno, e aspetto che il resto venga.