Lo swing aleggia leggero e trascinante nell’aria, tutti si muovono più o meno a tempo, Luka si diverte a far volteggiare a turno Sofia e Sissi su se stesse, che dal canto loro non si tirano certo indietro.
Mentre il resto del gruppo li raggiunge sulla pista, Sofia si perde in mezzo a loro, Sissi balla da sola esprimendo la sua spiccata vanità, Andrès e Luka fanno il loro solito numero sbalorditivo, come fossero Fred Astaire e Dick Van Dyke, esibendosi in linea, scivolando leggeri sul pavimento con un’aria fintamente seria e contrita e trattenendo i sorrisi brillanti. Sissi si avvicina, si allontana, passa dall’uno all’altro muovendosi con grazia e malizia, e ride, ride di gusto. Ammicca, balla, e assapora la sua meravigliosa ed unica se stessa.
Sofia piroetta scuotendo nell’aria i capelli neri, Sissi ondeggia e svolazza, Luka continua da solo il suo show da perfetto swinger schioccando le dita e incrociando le gambe una davanti all’altra a tempo di rock, step, triple step…
Andrès si guarda intorno più volte, ma nel gruppo di amici la moretta non c’è.
*Dove sarà?*
Dal mezzo della mischia, mentre suona una salsa, fruga tra la folla finchè non la individua, seduta al tavolo, sola, che accompagna la musica con le gambe accavallate e l’espressione assorta.
Si allontana dal centro della pista e la guarda per un po’, fino a che lei non si accorge di essere fissata e risponde al suo sguardo insistente alzando la mano destra con un vago sorriso.
Alice si è accorta da tempo della sua presenza, che ha intenzionalmente ignorato, non sapendo che dire né che fare, paralizzata dalla sua terribile e timidissima se stessa. Se fosse come Sissi, si sarebbe già alzata e sarebbe andata a ballare anche lei, ma proprio non ce l’ha, la forza di rischiare l’ignoto.
Per un attimo abbassa lo sguardo. Quando lo rialza, Andrès non c’è più. Sparito completamente dal suo campo visivo.
Poco dopo ricompare alla sua destra, con il bicchiere in mano, e si avvicina al tavolo, passeggiando impudente in cuban walk.
“Ho visto le tue amiche sulla pista, pensavo non ci fossi.”
“Preferisco stare seduta, mi piace molto ascoltare la musica.”
“A guardarti non si direbbe, non riesci a star ferma.”
“Sì beh è che … boh … non lo so. Non sono a mio agio.”
“Non ti va di venire a ballare?”
“No, adesso no, finisco il vino e ascolto il concerto.”
“Allora, se non ti spiace, mi siedo qui con te e assaporo l’atmosfera.”
“Oh, certo. Prego.” Alice si sposta sul divano per fargli spazio, si rifugia nell’angolo, riaccavalla le gambe e beve, per non saper dove guardare.
Nell’aria suona “September” e Alice, volente o nolente, nella sua posizione arroccata all’angolo del divano, scuote a tempo le spalle e la testa e guarda la band.
“Adoro gli Earth Wind & Fire” commenta Andrès “Hanno scritto davvero della musica pazzesca”.
“Hai ragione. La mia preferita è proprio questa, sarà perché ci sono nata, a settembre?”
Andrès ride e scuote la testa: “Non credo, no. È che è trascinante.”
“Già.”
“È singolare, però: cosa ci fa una come te seduta?”
“Una come me, in che senso?”
“Beh, guardandoti sembri una che tiene il ritmo, cosa ci fai seduta qui in un angolo tutta sola, se non sono indiscreto?”
“Uff. Non ho voglia di socializzare. Mi hanno trascinata qui controvoglia, a Budapest intendo. Avevo da fare a Milano e un sacco di pensieri in testa, e non sono esattamente dell’umore festaiolo delle mie amiche. Il concerto, però, mi piace molto, e me lo godo.”
“Che fai, a Milano?”
La conversazione inizia così, banale, scontata, quasi prevedibile. Alice racconta ad Andrès del suo lavoro, del suo gatto e dell’insonnia che non la fa dormire di notte. Anche Andrès dorme poco, in effetti. Più perché esce spesso e legge molto, che non perché gli manchi il sonno. Le racconta di Parigi, dei viaggi, della sua professione, che lei trova davvero affascinante.
“Ma scusami, spiegami bene come funziona” gli chiede, e gli pianta gli occhi negli occhi, senza rendersene conto.
Andrès le spiega cosa fa quando conduce i gruppi, racconta scene che per lui sono di vita quotidiana e a lei sembrano tanto da film, neanche avesse davanti Jerry Maguire. Lui ogni tanto rimane assorto nelle sue parole e accenna un sorriso. Lei lo guarda, curiosa, e lo ascolta attenta.
Nel frattempo, il cocktail e il vino sono finiti.
“Bevi ancora qualcosa?”
“Ho alternative?” ride lei, e si alza dal divano, seguendolo verso il bancone del bar.
“Cosa ti va?”
“Rhum Mocambo.”
“Però, signorina, ti tratti bene, eh?”
“L’ho visto sulla lista, ed è il miglior amico per un dopocena pieno di Cabernet.”
“Vada per il Mocambo, dunque, mi hai convinto.”
*Grazie per il signorina.*
Alice si siede sullo sgabello e si appoggia al bancone del bar. Non si può dire se sia volutamente equivoca o solo leggermente alticcia, ma la guardia è bassa, il sorriso è complice, la risata è facile. Andrès le parla, mellifluo, di Barcellona, di Parigi, della musica, con la sua voce profonda e questo accento vagamente musicale e molto ritmico. Lei risponde, chiacchierina, colpo su colpo, della vita, delle delusioni, del lavoro, di questa Milano che è troppo piccola per essere cosmopolita davvero.
La band suona “Georgia on my mind”, lei si perde con la testa per un attimo e ondeggia ad occhi socchiusi. Lui sta in piedi vicino a lei, non la guarda, e si concentra sulla voce che canta. Non è Ray Charles, no, però è all’altezza.
Alice ad occhi chiusi, vicino all’uomo dei fazzoletti sull’aereo, non ha bisogno che lui la guardi per sapere che è lì, che c’è, che è bella. Nello sguardo che guarda altrove, in quella voce bassa e profonda, ha trovato uno specchio. Si concentra e si vede, seduta sullo sgabello col suo vestito nero da sirena e i gli avambracci leggermente sollevati a seguire le onde del suono. Nelle espressioni esatte e nelle risposte magiche di lui ha trovato, stranamente, se stessa. Le sue parole, e qualcuno che le capisce, il suo viso innocente e nessuno che ci vede una bambola.
La musica è cambiata, di nuovo. Improvvisamente. Il bossanova adesso è quello vero, quello puro.
Di nuovo, Andrès la invita: “Balli?”
“Vabbè, proviamo”. Alice scende delicata dallo sgabello, Andrès la prende per il gomito e la conduce a bordo pista.
“One note samba” suona leggera nell’aria, la preferita, di Alice. Il passo del samba è semplice, due passi col destro e due col sinistro, ondeggi piano, le braccia piegate verso l’alto, vicine al corpo, chiudi gli occhi e vai. Lui prova a prenderla tra le braccia, ma lei non sembra gradire il samba intimista. La presa si allenta, ma non il suo sguardo insistente. Un paio di giri in coppia, poi lei si scosta e torna piano verso il bancone.
“Scusami, è troppo tempo che non ballo in coppia, non sono a mio agio.”
“Non ti preoccupare, farfalla.”
*Che ragazza strana e difficile, così leggera e così scostante. Sembra quasi trattenuta in sé stessa.*
“Guarda che se hai voglia di ballare puoi andare, io sto tranquillamente qui da sola.”
“No, hai ragione tu. Questa band suona davvero bene, preferisco stare qui con te.”
*Ma perché dice sempre la cosa giusta al momento giusto?”
Col passare del tempo e delle note, i pensieri sono scomparsi, o forse sono perfettamente fusi con l’ambiente circostante. La luce è bassa, il locale pieno di fumo, lo swing birichino e armonioso solletica le mani, che battono sul bancone, e i piedi, che tengono il tempo sull’astina dello sgabello. Alice non si vede, ma non ha bisogno di vedersi. Adesso. Sarà la musica, sarà quest’argentino. Non importa se il trucco è un po’ sfatto e il rossetto non c’è più, non importa se i capelli sono spettinati e le scarpe cominciano a far male. Il sound è raffinato e sottile, il rhum annebbia i sensi e davanti a lei c’è questo uomo alto e malinconico che racconta di capitali europee, di notti di tango, cita poesie e canzoni d’altri tempi … dice un sacco di cose intelligenti, forse. O forse dice un sacco di stupidaggini, ma ormai lei è annegata nel suo sguardo e nella sua voce e in *quel fottutissimo profumo di Jean Paul Gaultier* e non si ricorda più di tutto quell’inutile malumore pomeridiano.
La musica, di fondo, continua a suonare, finché gli applausi non interrompono lo spettacolo e la band si accommiata dal palco. I musicanti in nero si presentano e si fanno generosamente ringraziare. Andrès, ancora in piedi, apre e chiude con forza le sue mani grandi senza anelli, Alice alza le braccia al soffitto e applaude, facendosi scappare un italianissimo “Bravi!” ad alta voce”.
*Stasera non volevo uscire e guarda che serata, invece…*
Il concerto è finito e nel locale ricomincia a suonare, ad un volume più alto del solito, buona musica da ballare. Parlare è più difficile, bisogna stare più vicini.
Andrès guarda il viso di Alice, respira piano il suo profumo, si chiede come fare a trattenere vicino a sé il più possibile questo piccolo punto luminoso e complicato che gli siede accanto.
Mentre Alice rimugina sulle sensazioni che prova e affonda lo sguardo negli occhi dello sconosciuto che le parla sorridente e indagatore, Sissi si fionda sul bancone, travolgendoli.