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Passaggio in sauna

*** conversazione su note anagrammate dai Gotan Project***

Il thermarium della Római Teniszakadémia è promiscuo, ma le donne, con evidenza, preferiscono l’idromassaggio e il bagno turco. E poi è domenica, non c’è praticamente nessuno.

Sono quasi le cinque del pomeriggio. Andrès si è fatto una lunga doccia tiepida, per lavare via il sudore del gioco e riprendere una temperatura corporea civile. Si è messo il costume, ha preso l’asciugamano e una bottiglia d’acqua. È sceso nei sotterranei, dove ci sono le terme e la piscina. Prima di entrare al thermarium è andato a farsi una nuotata con Luka.

Venti vasche olimpioniche, per distendere i muscoli.

L’acqua svuota completamente il cervello. Concilia la presenza mentale e riporta ad un tempo antico, impossibile da ricordare, in cui il corpo galleggiava silenzioso senza alcuna necessità che non fosse quella di esistere.

Dopo il tennis sotto il sole a picco e una nuotata, una sauna è quello che ci vuole.

L’ambiente è vuoto. I gradini di legno sono bollenti e profumati di una leggera essenza di eucalipto, la temperatura si aggira sui novanta gradi. Luka si è steso sul gradino più alto, perché ha sempre bisogno di bruciarsi, di strafare. Di consumare in qualche modo l’enorme energia vitale che ha dentro.

Andrès sta appoggiato con la schiena sulla parete e gli occhi chiusi, seduto sul secondo gradino, e si gode  il corpo.

La pelle si scalda in fretta, comincia a sudare, poi gocciola. I capelli grondano, il petto anche, le gambe non si arrossano ma sfrigolano. Luka respira a fatica, si tira su a sedere e guarda la clessidra. Dodici minuti.

*Ne tieni ancora tre?*

“Sì, certo.”

“Che fai stasera? Vai all’Urània?”

“Sì, certo. Ho anche promesso alla moretta italiana che l’avrei aspettata.”

“Sul serio?”

“Sì. Chissà se viene.”

“Ma pensa tu che scherzo del destino. Anche io esco con l’Italiana.”

“Cioè?”

“Stanotte mi ha detto che riparte domani per un congresso non so dove, e io ho pensato … me la farò mica scappare? Quindi l’ho invitata a cena. La porto in qualche ristorante di sushi, così, giusto per intontirla un po’.”

“Ma hai il suo numero?”

“Sì, ma siamo già d’accordo che passo a prenderla in albergo verso le nove.”

“Ne sai una più del diavolo, fratello.”

“Quella ragazza è un fenomeno. Davvero una gatta rossa, e poi è anche intelligente. Un po’ acida, a volte, ma tutto sommato sa conversare.”

“Non vorrai farmi credere che avete anche parlato?”

“Dopo, sì. Un po’. Mi ha raccontato che fa il chirurgo e che è sempre in giro per l’Europa in questo periodo. È spigolosa, e se la tira davvero tanto, ma è interessante. Ho voglia di portarla a cena, non è come le sciacquette con cui esco di solito. Avevi ragione, mi ha distratto da Amelie.”

“Vedi?”

“Tu, piuttosto, con la moretta? Che hai combinato?”

“Io? Niente. Ci ho parlato a lungo. L’ho invitata a ballare, magari verrà.”

“E basta?”

“Sì, è una strana. Una così non sai come prenderla.”

“Spiegami. Usciamo intanto?”

“Via, andiamo”.

Lo sbalzo termico da dentro a fuori è forte. Andrès si dirige verso la doccia, si sciacqua via il sudore e poi si immerge nella vasca di reazione. L’acqua a dieci gradi ghiaccia la pelle e la brucia, raffredda lo spirito ma non i sensi, placa l’arsura e la sete. Un minuto e mezzo di immersione, con tutto il corpo e un paio di inabissamenti della testa, per mettere a terra tutta l’energia.

Poi l’asciugamano intorno alla vita e due passi per arrivare alla panca.

“Si chiama Alice. È davvero bella. Ma c’è qualcosa che non capisco. Ha un sorriso allegro e emana un sacco di calore naturale, però è controllata, trattenuta, quasi rappresa. Non sono riuscito ad avvicinarla più di così. A dir la verità non ho neanche voluto.”

“In che senso?”

“Ah, amico, non prendermi per il culo adesso, però, una così, ti viene voglia di abbracciarla piano non di portarla a letto. E quindi, nel dubbio, non mi sono mosso. Poi è arrivata la tua gattina, come si chiama? E me l’ha portata via dalle mani.”

“Sissi, si chiama Sissi.”

“Sono stato un po’ a guardarla, poi ho capito che non sarebbe tornata indietro e me ne sono andato. Mi è rimasto un leggero languore, ma sono abbastanza convinto che stasera la vedrò.”

“Senti, Andrès, le due sono amiche. Non so se stanno nello stesso posto, ma sono venute assieme. Magari becchiamo anche l’altra e facciamo serata in quattro.”

“No, non mi va.”

“E perché mai?”

“Voglio andare a ballare. E poi, una così … È una cosa strana, non te la so spiegare, ma preferisco l’idea di trovarla all’Urània d’improvviso e farla ballare, che non portarla fuori a cena. È una strega di luce, non mi va di sciuparmi il ricordo alla ricerca della serata facile.”

“Ma ti sei rincretinito?”

“No, è solo che mi ha lasciato addosso il suo odore e il suo umore ondivago. Il sorriso, le mani. Preferisco ricordare l’idea di una diversa.”

“Mmm … socio …  c’è qualcosa che non va?”

“No, però sono un po’ di ore che ci penso e forse quello che sto facendo non va più bene.”

“Ti riferisci a Maude?”

“Sì. Rientriamo?”

“Ok.”

Il secondo passaggio, in sauna, sembra sempre meno forte del primo. Forse perché il corpo si è abituato allo sbalzo, forse perché è vero che l’apparato cardiocircolatorio ne trae giovamento, ma il secondo quarto d’ora è più facile da sopportare.

Continuare la conversazione è meno oneroso.

Luka siede sul secondo gradino, le gambe incrociate, la posa da Buddha, pur muscoloso. Andrès rimane con le gambe lunghe e la schiena contro la parete di legno bollente.

“Con Maude va tutto bene, non ho niente da dire, ma se ci rifletto è una noia. Non andiamo da nessuna parte.”

“Da nessuna parte, in che senso?”

“Nel senso che mi sembra che i giorni passino tutti uguali, un po’ grigi, che non ci sia mai niente di nuovo, di agitato, di sconcertante. Mi sembra che sarà sempre così.  E prima o poi lei diventerà vecchia e sarà meno bella, e io mi stuferò.”

“E cambierai, dunque.”

“Mi piaceva l’idea di contare le rughe, della mia donna. Ma forse è una cosa che non ha più senso, ormai.”

“Sei proprio sicuro che non vuoi tentare l’uscita a quattro? Magari ti distrai da questi pensieri del cazzo. E Sissi è una convincente.”

“No, Luka, per carità. Sto benissimo così. Ma quindi non vieni, stasera? Mi lasci tutte le danze?”

“No, no, figurati. Arriverò solo più tardi. Se riesco, mi porto dietro anche lei. È bassa ma leggera, si potrebbe scoprire che dà soddisfazione anche nel ballo.”

“Ma non ti annoi a ballare con le principianti?!”

“No, mi piace il ruolo del maestro. Ti cadono ai piedi come le mosche col miele. Come a insegnare il tennis.”

“Sei inguaribile.”

“Sì, senza dubbio”.

Il secondo quarto d’ora passa più svelto del primo. Un’altra discesa nella vasca di reazione. Venti minuti stesi nella sala relax, avvolti negli asciugamani a godere del fresco e della musica new age.

La doccia, il rito dell’abito. Il petto nudo, il profumo, una controllata alla rasatura. I bottoni dei jeans e quelli della camicia, i piedi nudi nell’infradito sul pavimento umido dello spogliatoio.

Le chiacchiere del bar durante una merenda leggera. Acqua, sali minerali e qualche proteina giusto per gradire. C’è chi parla del tennis e chi parla di donne. Di palle prese, di palle perse. Di donne perse e di donne prese.

Luka pregusta la serata, Andrès sente quel pensiero fastidioso nella testa che si è annidato prima di sentire Maude ed è germogliato con la telefonata.

Fuori, il sole accenna a calare, il Danubio scorre tranquillo, la sera si avvicina, il tram sferraglia e loro prima o poi dovranno prenderlo, se vogliono andare a prendere Sissi per cena.

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