Saranno anche le sei di mattina, ma c’è afa e il cielo è grigio fuori dall’auto. Il taxi corre veloce nelle strade deserte di una Milano mattutina che Andrès conosce fin troppo bene. Ha sonno, e la radio bassa e gracchiante del taxi che suona musica da discoteca lo infastidisce terribilmente. Il tassista tace e fischietta stonato, tanto per aggravare la situazione. Alla stazione di Cadorna il passeggero gli allunga una banconota e aspetta la ricevuta, e vai a capire perché questi Italiani sono così restii a dare scontrini.
Il treno è quasi deserto, come la stazione. In effetti è quasi l’alba di un venerdì di luglio, chi dovrebbe esserci di interessante in questo viaggio?
Fuori dai finestrini corre la periferia della città, alta, noiosa e febbricitante. Stranieri, come lui, in qualche modo, che si affrettano sui marciapiedi, qualche auto, e i lampioni delle luci che sembrano schizzare veloci via dalla strada.
Andrès è assonnato, ma non riesce a dormire. Il treno è rumoroso, la testa duole per le poche ore di sonno. Non è stata una cattiva idea finire la giornata a quell’aperitivo, solo, fosse terminato prima. Andare a dormire alle due di notte dopo dieci ore di lavoro, quattro Vodkatini e un numero imprecisato di tequila proverebbe chiunque. Forse.
Più che altro, difficile alzarsi alle cinque e mezza e prendere un volo per l’Ungheria.
Andrès guarda l’ora. Il treno è in orario, speriamo anche il volo.
La Malpensa delle sette di mattina è desolante: c’è personale di pulizia che si trascina stanco fuori dalle toilette, bar semivuoti che sfornano brioches di dubbia fattura, viaggiatori già stanchi che cercano con gli occhi stretti sui tabelloni i gate da cui partono i loro voli. Nessuno da studiare, nessuno di cui immaginare la vita. Che palle.
Andrès sa già tutto del viaggio e del volo, l’unica cosa che gli sfuggiva è che l’aereo su cui deve salire è quasi un Canadair … *Ma perché quelle dell’ufficio del personale, per risparmiare pochi euro, ci fanno salire su questi maledetti voli charter per turisti?*
Sbuffa, dopo aver controllato il gate, e si dirige verso un bar qualunque alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti, con la borsa del PC sulla spalla e un trolley nella mano sinistra.
Si siede sfatto su una sedia di metallo, ordina due brioche ripiene di cioccolata, un caffè nero (e amaro) e una bottiglia di acqua frizzante, apre a caso una pagina del giornale scritto in Italiano, che capisce ma fatica a decifrare con precisione. Si parla, come sempre, di euro, di crisi, di economia e di integrazione comunitaria. Insomma, non è che in Francese sarebbe scritto molto diversamente.
Il volo decolla tra circa un’ora, la giornata si prospetta lunga è faticosa, il cellulare suona improvvisamente a disturbare la lettura incespicata: “Bon voyage, mon ami”.
Maude.
Che ci farà già sveglia?
Andrès gira la pagina del Corriere della Sera e si rimette a leggere.