A Szentendre ci sono quasi più musei che case, molti turisti sparsi per strada, arrivati per caso da Budapest dopo aver letto la guida, caffè di gusto letterario e poche auto.
La mostra è piccolissima, organizzata bene, decisamente particolare. Una trentina di opere, un percorso arzigogolato in un sotterraneo dalle luci soffuse e con musica anni venti in filodiffusione. L’audioguida illustra con cenni storici e soprattutto sociali la vita degli artisti e il senso delle opere, che però dicono quasi tutto da sé. Zandomeneghi, Degas e Touloise-Lautrec, a Parigi, nella loro vita da Montmartini, come direbbe Pieraccioni.
Tre decine scarse di affiche, disegni e qualche quadro, tutte incentrate sulla vita del quartiere, sui caffè, i locali notturni, i bordelli. Sulle prostitute che si lavano e si pettinano i capelli, sul loro modo sguaiato di ridere e sui loro sguardi spenti, più che tristi.
Andrès si sente vagamente empatico, con questo mondo.
Gli anni di Barcellona, le notti buie e gli sconosciuti con cui ha trascorso la vita, la tristezza rassegnata di un mondo in cui la felicità si compra con una pillola.
Allo stesso modo, pur diverso, gli anni a Parigi. Quella meraviglia artefatta di spettacolo e cultura, di aperitivi e cene in mezzo agli intellettuali e letterati amici di Maude.
Nessuno dei due mondi gli appartiene davvero, ed a nessuno dei due riesce ad abbandonarsi. Manca qualcosa, a quelle vite.
Forse la passione sincera, forse la ferocia della semplicità, forse, semplicemente, il tango. La magia della milonga che non si può dipingere nè raccontare, solo fotografare in bianco e nero, ma senza musica, non rende. No.
Mentre osserva l’affiche del ‘Divan Japonaise’, Andrès visualizza e ricorda per un istante l’unica immagine che da anni lo affascina, perché gli ricorda sua madre: ‘Il maggiordomo cantante’ di Vettriano.
La donna col vestito rosso, a piedi nudi nel vento forte, sotto la pioggia, leggiadra come una libellula tra il cavaliere in tight, la governante con l’ombrello e il maggiordomo con la bombetta.
Ecco, il tango. Una nitida scena in bianco e nero con una macchia di rosso alla Matrix, una giornata uggiosa, la malinconia che aleggia nel cielo e un certo senso di inspiegabile, recondita leggerezza che profuma di felicità.