Da brave trentenni distratte tutte prese dall’avventura del viaggio, nessuna delle due si accorge che stanno salendo praticamente su un Cessna. Trenta posti, forse, e due rumorosissime eliche che fanno vibrare l’aereo come se stesse per cadere da un momento all’altro.
Tra il sonno e la conversazione, ci vogliono almeno dieci minuti perché la prima delle due trovi il coraggio di svelare il panico incipiente.
“Sofia, ma tu lo senti come vibra questo aereo?”
“Oddio, Alice, meno male che l’hai detto tu … e se cade? E io ho lasciato la bimba in montagna … “
“Senti, non lo so. Se cade? Boh, mettiamola sull’epicureo. Non ci possiamo fare niente, e se cade, siamo morte, quindi tanto vale non pensarci.”
“…”
“…”
Il silenzio dura qualche minuto. Poi, finalmente, Sofia lo rompe.
“Sai che pensavo che non venissi?”
“Anche io pensavo di non venire, solo che non sapevo come fare a dirtelo.”
“Ma fai sul serio? Ma scusa, cosa poteva esserci di meglio di questo?”
“Avevo una riunione importante.”
“Alice, posso dirti una cosa?” Sofia tira un respirone e poi prosegue: “Tu hai sempre una riunione importante. Un cliente particolarmente esigente, una risorsa che va seguita di più. Hai sempre una scusa. Non ci sei mai. A parte che sei diventata una rottura di palle pazzesca, mi manchi. E non capisco come potessi pensare di perderti questa occasione.”
“…”
“Mi dici cosa diavolo ti sta succedendo? Come ti sei infognata in questa situazione? Cos’è successo? È per Luca?”
“…”
“Quando stai zitta mi metti ansia. Ma se non volevi venire, perché hai cambiato idea?”
“Non è che non volessi venire, Sofia, lo sai. Lo sai che sono felicissima di essere qui adesso, noi, sole a volare. Magari anche a sognare. È solo che … È solo che a me in questo momento fa tutto impressione. Mi fa paura. Ogni cosa nuova. Come questi capelli corti a cui non riesco ad abituarmi. E allora se una cosa mi fa paura, nel dubbio, non la faccio.
Solo che stavolta mi avete incastrata.
Mercoledì ero lì che cercavo nella mia testa il modo per dirti che domani mattina ho una riunione con una società messicana. Sarebbe anche davvero una riunione importante. E mentre mi gingillavo col telefono in mano, pensando esattamente a cosa dirti, ecco che mi scoppia una bomba tra le mani. ”
“Cioè?”
“Per dirtela in due parole, due mesi fa mi contatta un vecchio cliente e mi chiede se possiamo fare un progetto per la creazione di una unità commerciale in Italia, distributore di una società messicana che produce fertilizzanti. Progettare, convincere i gringos che è una buona idea, assistere la società nella realizzazione, monitorare lo start-up. Certo che sì, è il nostro lavoro. E dopo due mesi che lavoriamo come forsennati, con dati incompleti, informazioni approssimative e sbagliate, suggerimenti ignorati e quant’altro tu possa immaginare … beh, il cliente mi chiama mercoledì sera, mentre stavo per telefonarti, e con una faccia tosta che non puoi immaginare, sai che fa?
Mi copre di insulti.
Mi accusa di essere incompetente.
Il tema della telefonata è: io volevo i dati per oggi e tu non me li hai dati.
Ma se la scadenza è venerdì, perché dovrei darti i dati oggi?
Perché sei incompetente.
Sofia, te lo giuro, non ci ho più visto. Ho fatto il botto. Ho tirato un pugno sulla scrivania che mi fa ancora male la mano. Sono uscita dall’ufficio, sono andata a piedi in giro a caso per un’ora. Ho preso la macchina e sono andata a nuotare. Dopo un’altra ora e sessanta vasche a rana ho deciso. E ho pensato: *Sai che c’è? Che io ho di meglio da fare, sabato, che salvargli il culo. Ci mando Elisabetta alla riunione, che sa tutto. E io me ne vado a Budapest.”
“…”
“Più o meno è andata così. E così ieri mattina ho organizzato la partenza, nello stupore delle mie ragazze, incredule e astanti. Ho chiuso tutti i pending. Sono andata a casa, ho fatto la valigia, avvisato il cat sitter via sms. Ho chiamato Francesco, gli ho detto che in dieci ore partivo per quattro giorni (non che si sia scomposto). Non ho chiuso occhio tutta la notte, come al solito. Ho chiamato un taxi e … eccomi qua”.
“Beh, io sono contenta.”
“Anche io.”
“Ecco, allora … già che ci siamo, spiegami bene cosa diavolo stai combinando con Francesco …”
L’aereo trema, ma vola. Budapest è così lontana, o così vicina? Andare è un attimo, e quattro giorni passano in fretta, o almeno così sembra.