*** ascoltando Gallo Ciego ***
Trovare le parole per descrivere il tango è come cercare di raccontare un profumo ad un anosmico: l’emozione che si vive dentro l’abbraccio passa attraverso la musica e poi diventa movimento, non si può spiegare con parole che raccontino il lato ignoto dell’esperienza.
E questo è più o meno quello che succede ad Alice, stasera: non sa raccontarla questa serata, non come fa di solito, con la stessa cronachistica precisione piena di aggettivi.
E questo è più o meno quello che succede ad Andrès, questa sera, con la farfalla sorridente dagli occhi chiusi tra le braccia, come nel Vettriano che tanto ama. La farfalla con la lunga maglia rossa sottile, abbandonata nelle sue braccia, il respiro lento e il profumo francese che sale dal collo, leggera, ardente.
La prima tanda trascorre mentre lei cerca di lasciarsi andare all’emozione fortissima ed imbarazzante di sapere perfettamente come si fa e cercare di fondere la tecnica e la sensazione, la musica e la camminata, tenendo a tratti gli occhi aperti per cercare di capire cosa succede intorno e se sta facendo figuracce. “Sei proprio paranoica, eri stupenda quella sera” le scriverà Luka, mesi dopo.
Il quarto tango termina discreto sulle note di Carlos Gardel, Alice si prepara, realista, ad essere riaccompagnata al suo tavolo, ma Andrès le sorride e non accenna a muoversi dalla pista. La cortina è cubana, e lui accenna un assaggio di salsa. Alice segue, confusa ma non troppo, questo stupefacente ballerino d’occasione. Andrès ride, di gusto, come non faceva da secoli.
“Ti va un altro giro, straniera che non voleva ballare?”
“Assolutamente sì, sai io …”
“Stai zitta e balla.”
*Cazzo, ma questo è uscito da un film?*
Imprevista, la tanda che segue è di vals, il tango in tre quarti. Lo stesso vals che poche ore fa risuonava con nostalgia nella testa di Andrès. Nel vals si cammina veloce, ma non troppo; nel vals le ballerine vere volano, come libellule; nel vals si mischiano l’eleganza strutturale del valzer e la fisicità del tango argentino. Il vals, a detta di Alice, è impossibile da ballare. E invece, sarà che Andrès sembra accarezzare il pavimento anziché camminarci, i piedi si muovono leggeri, la pista pare sgombra anche se è affollatissima, la ronda è lunga e non ci sono ballerini incerti, Alice tiene il gomito sinistro appoggiato alla spalla di lui e solleva la mano a ricamare nell’aria la melodia. Salida basica, quadrato, salida basica, quadrato, ocho avanti, ocho indietro … e il bandoneon che suona senza sosta.
Dopo i tre vals, altri tre tanghi. Poi, improvvisamente, tre milonghe.
Alice esita. Di nuovo. Andrès la trattiene. Serio, stavolta. Non ha alcuna intenzione di lasciarla andare, non adesso.
La milonga è rapida, ritmata, scandita dai due quarti, appassionata, quasi feroce. La milonga comincia veloce, prosegue allo stesso passo furioso, con il tempo cadenzato dalla melodia degli archi; la milonga è marcata è sexy, ci vogliono spalle e caviglie, compostezza e senso del ritmo, marcación e energia, e fa spuntare il sorriso sulle labbra perché, vissuta da dentro, è terribilmente divertente. L’ultima della tanda delle milonghe è ‘Contrapunto’ dei ColorTango, un pezzo di angoscia galoppante, intenso, acuto e fortissimo, tre minuti e quaranta secondi di camminata mozzafiato fino all’esplosione esausta del finale. Poi il silenzio, improvviso. E la cortina di chacha.
Alice respira, affannata. Lui la guarda, intenso.
“Andrès, vado a bere qualcosa.”
*Vado a bere qualcosa?? E da quando in qua esprimo i miei bisogni nella forma dell’intenzione?*
“Ti raggiungo tra un minuto, bellezza.”
*Ma lo saprà il mio nome?*
È passata un’ora, forse due, Alice non ne ha idea, ha perso il senso del tempo e del luogo. Ma ha sete.
Va in bagno, si guarda allo specchio, si osserva stupita e si sistema i capelli umidi di sudore sulla fronte e sulla nuca. E si riconosce. Si attacca al rubinetto a bere un po’ d’acqua, che però è cattiva. Esce dal bagno e va verso il bar.
Andrès, nel frattempo, è arrivato al bancone. Ha incontrato Luka e perso di vista Alice.
“Che ci fai già qui amico? Non è un po’ presto?”
“Non sono mai arrivato a cena. La gatta rossa aveva una bottiglia di champagne in camera. Ci siamo presi, strappati l’anima e salutati. Non ne aveva, voglia di venire, e domattina riparte presto. Meglio così, troppo impegnativo altrimenti.”
“Bravo tu, socio, bravo tu che le fai impazzire tutte.”
“Ah ah, e la tua moretta, invece? È venuta?”
“Ebbene sì, l’ho vista arrivare che saranno state le dieci. Ho ballato solo con lei fin’ora. Ma dovrebbe essere qui, mi è scappata dalle mani con la scusa di bere qualcosa.”
“Guarda Zsófia che arriva, non pensavo ci fosse anche lei stasera.”
Zsófia è una delle amiche di Luka, una vecchia conoscenza milonguera di tutti e due, maestra di ballo, la tanguera più brava e sexy di Budapest. Si avvicina ad Andrès, nemmeno lo saluta, rompe il codice e non aspetta che sia lui ad invitarla.
“Balliamo, stupendo?”
“Andiamo, regina della ronda.”
Andrès si allontana dal bancone con la sua nuova compagna. Non si perde un minuto, in milonga.
Nel frattempo ecco sopraggiungere Alice che individua sorpresa Luka in mezzo ad un gruppo di persone. Evidentemente balla il tango anche lui. Lo saluta gioiosamente con due baci sulle guance, tornata improvvisamente la sua socievolissima se stessa.
“Ciao Luka!”
“Ciao Alice, Andrès mi ha detto che alla fine sei venuta anche tu. Cosa bevi?” Luka le sorride, indicando il bancone.
“Oddio, ho una sete … Voi che state bevendo?”
“Qui abbiamo optato per il vino rosso, favorisci?”
Davanti a lei, una bottiglia di Malbec argentino.
“Eh beh, è il mio preferito! Volentieri, Luka, grazie. Ma mi rimedi anche un bicchier d’acqua, per piacere?”
“Mm. Vediamo che si può fare…” risponde il Casanova con gli occhiali neri, come lei, e ride. Oltre ad una bottiglietta di naturale da mezzo litro, le versa un bicchiere di rosso mentre lei riprende fiato.
“Ti diverti?”
“Moltissimo: che fosse così bello, ballare il tango, me l’ero proprio scordata.”
E sorride.
Dopo qualche attimo, uno dei conoscenti con cui Luka stava parlando si stacca dal gruppo e si avvicina ad Alice. Guarda lui, che fa cenno di sì con la testa. Le sorride, le tende la mano e la guarda: “Shall we dance?”. Il codice silenzioso della milonga ha un rituale magico che non si può spiegare con le parole, ma fa sentire immensamente donna.
Durante il tango non si parla, si ascolta solo la musica, si vive solo l’emozione. È l’uomo che invita la donna, l’uomo che la va a prendere al bordo della pista, l’uomo che apre l’abbraccio e la danza.
Alice ci pensa su un secondo. Poi reclina la testa indietro. E ride. “Why not?”
È passata da poco mezzanotte ma sembrano le quattro di mattina. La musica scorre dentro le vene, nelle caviglie, sulle tempie appoggiate a visi diversi. Se entri nel giro, in milonga, i ballerini non mancano. Si susseguono, si avvicendano. Dalla pista guardano la dama che hanno scelto e fanno il “cabeceo”, un leggero cenno del capo che sancisce la richiesta e l’accordo, si spostano, si dirigono verso di lei, la prendono, l’abbracciano. E non importa se non ne conosci il nome o la provenienza, perché ne conosci l’abbraccio e la camminata, il modo di andare e il modo di tenere. In fondo, ne conosci il modo di approcciare alla vita: sicuro, incerto, determinato, prudente, forte, delicato… “La cosa inspiegabile è precisamente questa, del tango: che il ballo più sensuale, più appassionato, più intimo che si possa approcciare non è un ballo fatto per rimorchiare” commenta Luka, tra una tanda e l’altra, dopo che lei è andata e venuta, riaccompagnata ogni volta da uno diverso. Perché in milonga ogni buon cavaliere rispettoso del codice riaccompagna sempre la sua dama al tavolo, e lei mai si alza da sola. Si lascia scegliere, si fa invitare, sperimenta e ringrazia, oppure continua a danzare.
Così fa Alice, stasera, sulla pista: ha tolto gli occhiali, perso di vista il tavolo con la borsa, la latitudine di Andrès, il senso del tempo. Balla.
Balla quel tango che ama così tanto e che ha ballato così poco, per mancanza di coraggio, di spirito d’avventura, o forse solo di compagni di viaggio. Balla con chi la invita ed ogni tanda è un abbraccio nuovo, un odore nuovo, un diverso modo di camminare e marcare l’incrocio. Balla con gli occhi chiusi, perché ci pensa il ballerino a studiare i centimetri liberi di pista. Balla con la testa leggera, ascolta la musica e si sente viva e pulsante, come una stella. Scopre, danzando, passi che pensava di aver dimenticato: abbandona lo sterno e i piedi e ritrova la barrida, il gancio, il boleo basso. Balla con Luka, che la guida sicuro in mezzo alla pista affollata, con quell’incavo terribilmente rassicurante sulle spalle larghe. Di quando in quando incrocia Andrès sulla pista, Andrès che danza sempre con una diversa, con il sorriso malinconico e lo sguardo perso in qualche dove. Andrès che forse la guarda, talora, ballare. O forse no. Chissà
Sono quasi le due di notte. Fuori la notte è fonda, la città tace e risuona solo di qualche auto qua e là. La pista è ancora piena, anche se è domenica, ma il locale comincia piano a svuotarsi.
Il musicalizador annuncia che la milonga in dieci minuti chiude e poi fa suonare l’ultimo disco, il più intenso, il più straziante: ‘Gallo Ciego’, di Osvaldo Pugliese.
Andrès si avvicina per invitarla, ma lei è già in mezzo alla pista e gli è sfuggita dalle dita. Come una farfalla che non si può trattenere a lungo, altrimenti perde la polvere dalle ali e non vola più.
Alice, nelle braccia di un perfetto sconosciuto che avrà sì e no vent’anni più di lei, trema di emozione. ‘Gallo Ciego’ è uno dei tanghi più belli, sapidi ed emozionanti che abbia mai visto ballare a Miguel Angel Zotto in esibizione a teatro a Milano, è il tango per antonomasia e travolge il suo ascoltatore con l’appassionata malinconia crescente della melodia e il ritmo lento e costante di due lunghi, intensissimi minuti.
Il ballerino cammina lento e sofferto: tempo, salida basica, controtempo, salida basica. Poi si ferma, incrocio. Poi la inclina e la tiene, lì, poi il molinete, e lei si trova a girare intorno con lui come asse. Riparte, come la musica. Camminata, salida, ocho avanti, sacada, camminata, barrida, giro. Un ballerino da brividi. Consumato, consapevole, profondo, intenso, un vecchio alla Hemingway. Il finire del tango è tutto girato: veloce, contorto, furioso, disperato, proprio sopra la melodia.
Sulla pista Alice si ritrova nelle braccia di questo sconosciuto, la gamba destra stesa indietro, la schiena arcuata, il petto ansante. Lui la solleva delicatamente, le gira intorno, le porge il braccio, la riconduce al bancone del bar, dove Luka e gli altri l’aspettano. Andrès non c’è.
“Noi andiamo a bere qualcos’altro, che fai, vieni con noi?”
“Oddio, no, grazie. Sono felicemente senza fiato.” Alice ansima e sorride, sudata. “Andate senza di me, io mi rimetto le scarpe, bevo un goccio d’acqua e prendo un taxi.”
“Sicura?”
“Sicura sicura!”
Luka le porge un altro bicchiere d’acqua e le dà un bacio sulla guancia.
“Ciao Alice, a presto”.
Ciao Luka, a presto, speriamo.
Alice si siede sullo sgabello e li guarda allontanarsi. Beve a canna dalla bottiglietta, respirando piano, e torna verso il tavolo. La milonga si sta svuotando, intorno ci sono chiacchiere e sospiri.
Basso, di sottofondo, suona ‘Una musica brutal’, ad accompagnare il deflusso del popolo del tango e la fine della serata.