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Dei cinesi e di Suzhou

Shanghai, Fraser Residence – Feb, 6 – 20.27 (GMT +8)

La Lonely Planet di Shangai fa schifo, non compratela. Le cartine non hanno indicazioni abbastanza precise, sono segnalati diversi luoghi dove mangiare che non esistono (più), mancano le indicazioni essenziali per la sopravvivenza ed anche per trascorrere il tempo in maniera intelligente e rilassata e non da turista massificato e stereotipizzato in coda come un cretino, come se in vacanza il tempo si potesse sprecare, in vite in cui non abbiamo nemmeno un minuto da vivere meno che al meglio.

Siamo stati a Suzhou e se avessimo seguito quella stupida guida avremmo passato una giornata di inferno. Invece… ho lo stesso una gamba fuori uso e l’altra stanca (ma sono io che vado in giro per 12 ore e 16 km con gli anfibi), ma abbiamo visto un sacco di cose strane e belle e diverse ed abbiamo trovato anche oggi una ragione per incantarci un po’, tra l’acqua e i fiori e questa meravigliosa bellezza tutta figlia dello Zen.

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Pensieri, chilometri e acrobati

Shanghai, Fraser Residence – Feb, 5 – 22.18 (GMT +8)

In effetti, so di cinese cinese, o almeno questa era la mia sensazione stamattina (sarà colpa dello spicchio d’aglio che ho mangiato ieri sera?) e continuo a non dormire, come se fosse diventato un optional. Invece sono stanchissima, solo che ho il corpo a GMT+1 e la testa a GMT +8. Di notte non riesco ad addormentarmi, di giorno mi viene fame (e poi sonno) ad ore impossibili e per di più camminerei sempre. Se non bastasse, ieri ho fatto la stupidaggine di bere tè verde anziché tè bianco sia a cena sia mentre scrivevo, così questa notte ma la sono fatta quasi tutta dritta. E poi questa esperienza è così densa e colorata, e poi umida, calda, fredda e ventosa, e poi puzzolente di smog e profumata di mango, piccante e ripiena come i dim sum, leggera e avvolgente come lo Jasmine tea, che mi sembra di esser qui da una settimana, invece è solo martedì.

La pausa quotidiana per il diario e le foto rischia di starci stretta, in giorni come oggi, che il tempo ci è sfuggito di mano, come i chilometri. E sono tante le cose da raccontare, le immagini da fissare, le forme di vita su cui riflettere per capire quanto sia diversa ed apprezzabile, non sempre condivisibile, questa società.

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Xīn nián kuaì lè (2)

Shanghai, Fraser Residence – Feb, 5 – 00.51 (GMT +8)

I cinesi festeggiano il capodanno lunare prima del capodanno. In effetti, ha ragione Luigi: qui non è Capodanno, è Ferragosto: alle quattro del pomeriggio chiude tutto, alle otto di sera son tutti a cena, a mezzanotte è tutto normale, sul Bund. Come se fosse una (spettacolare) serata qualunque. Forse che la vista è talmente fantasmagorica che non serve a niente cambiarla?

E noi abbiamo festeggiato, e come loro, eccome.

Siamo usciti per cena come due europei in tiro in un paese orientale, io con gli ‘adorni’ rossi sulla testa come nella tradizione cinese (profluvio di complimenti da tutti, e decine di ‘you’re so cute!’). Siamo arrivati al Bund in taxi, dopo che il tassista è sceso a litigare con un veicolo davanti al nostro fermo ad un semaforo ed ha chiamato la polizia (ce n’è così tanta che era lì attaccata). Abbiamo guardato le luci spettacolari della skyline di Pudong, che sono così variegate e rutilanti da far sbarrare gli occhi anche ad un cieco. Abbiamo passeggiato un po’, tra banche, l’edificio della borsa, una parete interamente decorata di fiori, una statua di Mao e una signora che ci ha invitati a visitare Xi’an (e ha chiesto a Luigi il numero di telefono).

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Xīn nián kuaì lè

Shanghai, Fraser Residence – Feb, 4 – 18.20 (GMT +8)

Chiedetelo al mio braccialetto wearable quanto ho dormito. Alle 3.39 della notte scorsa ho pallato gli occhi al soffitto e sono rimasta a rigirarmi nel letto come un pollo allo spiedo, svegliando ripetutamente Luigi che dormiva della grossa, fino alle 6 circa, quando mi sono addormentata (ed il principe si è svegliato definitivamente). Alle nove ero in piedi e adesso, stranamente, mi sembra tutto ok, un po’ come ieri. Chissà se prendo il giro del fuso quando devo girare anche l’orologio.

Baciati dalla fortuna (ma ancora?!), oggi siamo stati benedetti da una giornata di sole, di quelle perfette per andare a visitare il Yùyuán Garden, dopo aver schivato un migliaio di autoctoni che affollava strenuo il bazar del maiale gonfiabile. Abbiamo anche una foto del maiale col sole, adesso!

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Shangai, Old Town

Shanghai, Fraser Residence – Feb, 3 – 19.15 (GMT +8)

Luigi dice che il nostro è stato un arrivo miracoloso: aereo cinquanta minuti in anticipo, controllo passaporti (con rilascio permanente di dato biometrico di dieci dita) risolto in una ventina di minuti, bagaglio ritirato tra i primi, trasbordo al residence senza una riga (per questo non è una colonna) di traffico. Io non lo so, se è un miracolo. L’avevo detto che oggi (o era ieri?) è una giornata fortunata.

A guardarla dalla macchina, Shangai più che una città sembra un alveare. Ma un alveare che comincia molto, ma molto, ma molto prima dei famosissimi grattacieli e cavatappi che si vedono nelle foto.

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In volo tra Milano e Shangai (2)

In volo – Feb, 3 –  Zulu Time Unknown

Come temevo, non ho dormito un cazzo.

O meglio, ho dormito più o meno dalle dieci e mezza alle due del nuovo fuso, su questa enorme nave del cielo, tra parole (urlate) incomprensibili e un paio di bambini assatanati qualche fila più indietro.

Sono le 03:29 – Shangai Time (GMT +8), mancano poco meno di due ore all’atterraggio.

Ho riprovato a dormire diverse volte, risolto una decina di sudoku… ma non c’è verso, sono sveglia. E poi qui ci son le luci accese e le assistenti di volo che sferragliano con carrelli pieni di cibo di cui non è il caso che io provi il sapore.

Però… sono al secondo bicchiere di tè. La mia vicina mi ha rassicurata: questo puoi berlo, è tè vero, è cinese. Ed io mi sono calata nel personaggio. Magari la mia ipotesi si avvera e torno a casa disintossicata, dopo aver trascorso una settimana a bere tè bianco!

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In volo tra Milano e Shangai (1)

Zulu Time Unknown

 

Non so bene che ore siano qui (siamo da qualche parte tra Mosca e gli Urali), ma sull’aereo è buio.

Il Mac, il mio orologio e l’iPhone dicono che sono le 21:48 – Shangai Time …

Dal guado

Amo il profiling perchè somiglia alla magia. Quella magia che fa suonare la musica giusta nel giorno giusto ed il puzzle ha improvvisamente una forma che si fa intuire… quel momento in cui tornano su le parti belle e non ci sono mai stati i conati di vomito… quella magia che quadra i conti del cerchio ed eleva ciascuno a se stesso, compreso lo zero.

Oggi è un giorno così, che sembra un miracolo. E non è magia, è solo un perfetto insieme di vita e profiling – perché se ci pensa la vita… anche iMusic si adegua.

E’ qualche giorno che mi sveglio così ma l’ho capito solo oggi, mentre camminavo ascoltando ‘scelti per te’ di iMusic. Giusto per capirci, così poi uno può smettere di leggere, è capitato che oggi pomeriggio l’algoritmo genetico che apprende i miei gusti musicali (ignorando il jazz) abbia indovinato il mio stato d’animo ed anche il giro del mondo in ottanta giorni che sta facendo la mia anima in poche ore nel riassaporare  tutta la storia della mia vita. Proprio come se fossi in mezzo al guado del prossimo gradino evolutivo (azz, che fatica) e ci volesse proprio questa roba per capire bene cosa sia.

 

Stella del mattino —  Ludovico Einaudi

Cambia-menti  —  Vasco Rossi

Hai un momento, Dio?  — Ligabue

Ho imparato a sognare  —  Negrita

Chiara  — RATS

Born to run  — Bruce Springsteen

The fly  —  U2

All you need is love  —  The Beatles

La locomotiva  — Modena City Ramblers (Francesco, perdonami!)

Io sto bene  — CCCP

Overdose (d’amore)  — Zucchero

Cara  — Lucio Dalla

Ridere di te  —  Paolo Vallesi

Ricomincio da qui  — Malika Ayane

Cosa sarà  — Lucio Dalla e Francesco De Gregori

Profumo  — Gianna Nannini

In bicicletta  —  Riccardo Cocciante

Innamorarsi ancora  —  Stadio

I treni a vapore  — Fiorella Mannoia

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Dell’efficienza e della felicità (allitterazione)

Stasera –  credetemi se ve lo dico: per la prima volta – ho compreso il significato del concetto di efficienza applicato alla vita.

Non l’ho intuito… è qualche tempo che mi gira nella pancia. Non l’ho capito e basta, sono una economista, cresciuta a pane senza glutine ed efficienza. L’ho compreso. Direttamente dalla sua radice etimologica, letteralmente. Quasi un ceffone, qualche minuto fa. Un ceffone abbastanza forte da dirmi che è meglio se lo scrivo.

Non vi nascondo che la domanda che si affaccia neanche tanto prudentemente al mio pensiero è: ma sei scema? Ma quanti anni hai buttato?

Mi rispondo con sincera accettazione, magari non proprio leggera ma quella è l’intenzione, che quei tanti anni li ho già buttati, efficienza o non, quindi posso tralasciare il moto (efficientista) di capire cosa ho sbagliato per non reiterare un comportamento inefficiente. Tanto non funziona più (meno male).

C’è qualcosa di fantastico (e molto benefico) in questa sensazione: niente di quello che è sempre stato perfettamente funzionale ed incredibilmente veloce funziona, in questo momento. Niente. Come se quel produttivo meccanismo istantaneo che ha funzionato quotidianamente per i precedenti otto lustri si fosse piantato, in un attimo, esattamente come una sessione di Windows che chiede un riavvio. Già, perchè anche quelli come me si piantano e necessitano di riavvio sì. Succede anche ai Mac. Raramente, ma sovviene.

Citando Harry ti presento Sally: “Non capita! eh, ma se capita? Non capita! Lo so, ma se capita?”

Ecco, se capita?

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Casomai – make heaven out of hell

Titolo questo post come uno dei miei film preferiti e la sua perfetta colonna sonora.

Titolo questo post ricordando l’attimo in cui la canzone suona, ricordandomi perfettamente cosa ho sentito mentre guardavo il film, la prima volta, al cinema.

La metafora dei pattinatori, la linea sottile tra baciare e mangiare, i passi sul crinale, le lezioni della vita, la presunzione degli umani e la schietta onestà del tempo che passa: tutto si riassume in un attimo e assume un senso perfetto, quasi composto, come se quasi avesse senso questo insieme di storie lunghe e difficili e talora dolorose che chiamiamo vita. Ed è impressionante, per un attimo, fermarsi a guardarla.

Guardarla con il distacco ed il mezzo sorriso di uno yogi, con le mani ed i polmoni aperti, con la consapevolezza di un vecchio e lo stupore di un bambino, con la curiosità dell’uomo del terzo millennio ed il corpo dei primi sapiens sapiens. Impressiona, già, ma soprattuto aiuta ad orientarsi.

Figuratevi che cercavo una colonna sonora per scrivere qualche riga sul perché ‘il diavolo vesta Chiara’ e sulle indiscutibili soddisfazioni che mi sto regalando professionalmente… ho tamponato una playlist mai vista che mi ha ricordato una persona che non gradisco e poi eccola lì: heaven out of hell, il pezzo portante della colonna sonora di ‘casomai’, forse quasi il mio film preferito.

E’ così che mi trovo qui, in questo spazio virtuale che chiamo casa, ad enucleare riflessioni che non ho chiare ed emozioni che sento forti, pensando a tutti quegli ‘avrei dovuto’ che posso finalmente mandare con serenità a quel paese.

Oggi è la giornata in cui, non so perché, le canzoni tornano alla mia release 1.0 e mi ricordano che qualcosa aveva senso, e forse è quello che mi ha portato qui oggi. Aveva senso allora, sembrava smarrito poi, forse si ricostituisce. Che poi vuol dire che oggi è il giorno su cui ti viene da vomitare per tutto il resto. E il resto è tanto e fa schifo. Ci sono poche cose con cui si riesce a fare pace, dopo, sia affettivamente che professionalmente. Forse sono giornate così che arrivano, proprio per aiutarci a fare spazio alle cose buone ed eliminare le tossine.

Temo di essere ancora piena di tossine ed è questo che il mio povero corpo bastonato cerca di dirmi. Troppe tossine.

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