l’eclissi e l’equinozio
Mi vien voglia, di nuovo, di fare la rivoluzione.
Peccato che stavolta non ci sia niente da cambiare, perché ho già cambiato tutto così tante volte che in questo momento non si intravedono vecchiumi da buttare, posizioni da invertire, novità da abbracciare dopo aver fatto un po’ di spazio.
Come dovrebbe essere pienamente evidente dal punto di vista semantico, oggi fronteggio un attimo di perfetta stasi nel bel mezzo dell’equinozio di primavera. E’ tutto così essenziale che non ho neanche un casino da combinare.
Son stata così brava a ridurre tutto ai minimi termini e non aver bisogno di niente che son costretta, contro la mia inquieta natura, a sopportare questo istante di noiosissimo equilibrio senza potermi opporre né ribellare a niente.
Mi vien da ridere, proprio perché mi vien da piangere e non ce n’è alcun buon motivo. Salvo l’assurdo patimento di un momento immobile che non riesco a tollerare e che passerà da solo domani mattina quando la vita ricomincerà frenetica come le mie dita sulla tastiera.
Poi arriva un messaggio, quasi un segnale dalla provvidenza, che dice: non fermarti, non fermarti adesso. Stasera è come una Polaroid di quelle che ho visto al museo del MIT: l’istantanea di dove sono arrivata e di quanta fatica ho fatto per esser qui. Non fare stronzate, bambina, non tornare indietro.
Non ricostruire nemmeno uno solo dei castelli di sabbia con le pareti di gomma in cui hai saputo vivere.